Sesso e giovani

Sesso e giovani

Qual è la cultura della sessualità che riguarda le generazioni più giovani?
In un nuovo appuntamento del format #melasegno, Donatella Girardi
approfondisce il tema della sessualità, dalla recessione sessuale degli adolescenti, all’aumento della fruizione di contenuti pornografici.

Non so se vi sia mai capitato di sentir parlare di trasmissione culturale intergenerazionale. L’espressione sembra pomposa, uscita da un fascicolo accademico, qualcosa che a primo impatto dà l’impressione di un tecnicismo poco fruibile.
L’idea che i codici culturali (l’insieme delle pratiche sociali, ma anche il tipo di idee, valori e significati che attribuiamo agli eventi che viviamo o alle relazioni che ci caratterizzano) siano trasmessi da una generazione all’altra sembra ormai datata. Sempre più spesso il mito delle nuove generazioni è imperniato sulla rottura con ciò che le ha precedute. Nuove idee, nuove modalità di pensiero, nuove attitudini. Il nuovo sembra inserirsi nella storia come qualcosa calato dall’alto, anzi, meglio, come una forza interiore che sgorga spontaneamente dal fatto stesso di essere giovane.

Quando parliamo della sessualità della generazione Z, ci imbattiamo spesso in analisi che all’inizio ci appaiono oscure. Dopo decenni in cui si è parlato di liberazione sessuale, di promiscuità estrema, di esibizionismo mediatico, oggi si parla di recessione sessuale degli adolescenti e dei giovani adulti, cioè di un più o meno generale disinvestimento nei rapporti di coppia, soprattutto rispetto all’intimità sessuale.
Allo stesso tempo, però, la fruizione di contenuti pornografici fra gli adolescenti aumenta, così come la diffusione di contenuti a carattere erotico su social specifici come OnlyFans, che permette di mostrare corpi sessualizzati senza, tuttavia, che ciò avvenga all’interno della relazione con un altro incarnato, semmai con un pubblico che guarda, commenta e compra a distanza.

Tutto ciò appare sì enigmatico, ma soprattutto nuovo. Un fenomeno che sconvolge le categorie precedenti e che richiede conoscenze e competenze di lettura aggiornate.

Vorrei però tentare una piccola analisi storica. Non sarà nulla di più di un appunto, che però testimonia la perdita di un pezzo della nostra cultura.
Fra gli anni ‘80 e ‘90, il sesso per intere generazioni divenne improvvisamente un incubo sociale. Il fenomeno dell’AIDS, oltre a diffondere il terrore, impose un ripensamento profondo su cosa significasse lo scambio corporeo con l’altro, che oltre il piano simbolico, diventava progressivamente il contesto di diffusione della malattia.
David Foster Wallace, meraviglioso scrittore americano, all’epoca tentò di avanzare alcune ipotesi su cosa stesse comportando l’AIDS in quel periodo, con alcune sorprese:

Grazie all'Aids, stiamo allargando la nostra immaginazione su ciò che è «sessuale». Nel profondo sappiamo tutti che la vera attrattiva della sessualità ha a che fare con la copulazione più o meno come il fascino del cibo ha a che fare con la combustione metabolica. Per quanto (potesse sembrare) scontato, la vera sessualità riguarda lo sforzo di stabilire un contatto fra noi, di erigere ponti sui baratri che separano un io dall'altro. La sessualità riguarda, in definitiva, l'immaginazione.
Grazie al coraggioso riconoscimento da parte di alcune persone che l' Aids è un fatto della vita, stiamo iniziando a renderci conto che un tipo di sesso molto intenso può essere praticato con modalità che abbiamo dimenticato o trascurato, per esempio toccandosi senza sfiorarsi i genitali, o parlando al telefono, o anche comunicando per posta; conversando con sfumature diverse; assumendo una data postura del corpo, imprimendo una certa pressione sulla mano che si tiene in mano.

In queste parole possiamo anzitutto vedere un’anticipazione dell’incontro sessuale dilazionato attraverso altri media (il telefono, la posta), visto con entusiasmo, proprio perché in grado di eludere in parte il contatto corporeo, fonte di preoccupazione, ma anche vissuto in precedenza come atto non pensato.
Soltanto grazie (o a causa) della pandemia, oggi possiamo provare ad immaginare quale evento devastante fosse diventato il sesso e più in generale l’interazione corporea con l’altro in quel periodo. Wallace, tuttavia, in nuce anticipò altre due tendenze che forse oggi possono darci qualche altro indizio. Nonostante la sessualità per Wallace fosse uno sforzo di stabilire un contatto fra esseri umani, grazie all’uso dell’immaginazione, egli era anche perfettamente consapevole che al terrore dei corpi, gradualmente si stava imponendo un terrore relazionale. Nelle sue Interviste a Uomini Schifosi, scritto più tardi, descrive una sessualità feticizzata, nella quale l’altro è prima di tutto oggetto di manipolazione emozionale e teatro per inscenare dinamiche di potere. Il sesso sembrava essere il contesto prediletto per mettere in atto tutti gli agiti, dai più violenti a quelli più paralizzanti.
Accanto a ciò, anche l’immaginazione di cui parlava veniva profondamente irregimentata dalla componente speculativa e visiva. Il modo in cui racconta (in Infinite Jest ad esempio) il rapporto fra lo spettatore e la televisione (seppure ancora non esisteva internet), incentrato su un un tipo di fruizione che allo stesso tempo è passiva, ma anche seduttiva, anticipa la diffusione di massa della pornografia come contesto in cui sperimentare ciò che ci seduce o ci spaventa, ma in assenza di un contatto diretto con il corpo dell’altro.

Naturalmente non bastano queste brevi riflessioni per comprendere il fenomeno odierno della remissione sessuale fra gli adolescenti. Di tempo ne è passato, ma una vera cultura della sessualità e della relazione intima con l’altro sembra ancora lontana dall’essere condivisa. 

Io mi fermo qui e vi invito a leggere il nuovo appuntamento con #melasegno, che offrirà spunti certamente più aggiornati per capire qualcosa del tema.

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