Una nuova puntata del podcast Profondità di Campo, che coniuga la riflessione psicologica e la settima arte, ma non solo. Stavolta il centro della riflessione sarà una serie televisiva targata Netflix.
Una mia amica e collega, Elisa, ha da poco cominciato un tirocinio in un Centro Diurno, all’interno del suo percorso di specializzazione psicoterapeutica.
I Centri Diurni sono strutture intermedie dei servizi di cura e riabilitazione rivolti a persone che hanno una patologia psichiatrica. Sono luoghi che ospitano pazienti solo di giorno, proponendo loro diversi tipi di attività terapeutiche e di recupero, grazie all’intervento di operatori specializzati.
Solitamente nell’immaginario collettivo queste strutture sono rappresentate come luoghi oscuri, popolate da malati mentali “gravi” e quando pensiamo a questa gravità ci vengono in mente comportamenti aggressivi o completamente bizzarri: il ragazzo che spacca tutto e viene tenuto a forza dagli operatori sanitari, oppure la ragazza che si crede Napoleone o Belen.
Il primo giorno del suo tirocinio, Elisa si ferma a parlare con uno degli ospiti, Carlo, un ragazzo molto colto e piacevole. Comincia a raccontarle qualcosa a cui pensa da tempo, il suo eloquio è eccellente, i ragionamenti sono brillanti, le parole sono piene di saggezza. Elisa lo guarda affascinata, poi si rivolge ad una operatrice che lavora nel servizio da molto più tempo di lei: “Ha detto delle cose davvero interessanti!”. L’operatrice la prende per la spalla e le dice a bassa voce: “Elisa, quello è un delirio”.
A tutti noi capita di perdere, per un minuto o per un’ora, il legame con il contesto che ci circonda. Il delirio funziona esattamente così: l’ambiente esterno non esiste più ed è sostituito dal proprio mondo interno, che pervade pensieri, emozioni e relazioni.
Elisa in quel momento ha capito cosa significhi davvero lavorare a contatto con la malattia mentale. Questa non è sempre spaventosa e angosciante, talvolta è estremamente seduttiva. Carlo è un ragazzo laureato in filosofia, molto intelligente, ma che non riesce ad utilizzare questa intelligenza per svolgere attività quotidiane nel mondo esterno. Così Elisa, anche se solo per un istante, si è lasciata attrarre ed è entrata nel mondo di Carlo: avvinta dalle sue parole così erudite, ha dimenticato dove fosse. Il contesto - quello del Centro Diurno - è passato in secondo piano e la figura di Carlo, la sua “mente brillante”, hanno preso la scena. La collega di Elisa, avvisandola che quello di Carlo fosse un delirio, ha riportato la giovane tirocinante alla realtà, ricordandole quanto la mente sia un mezzo potente anche per perdere le coordinate spazio-temporali con cui ci orientiamo nel mondo.
Ho voluto raccontarvi questo episodio per introdurre la serie Netflix uscita da poco, Tutto chiede salvezza, ispirata al libro vincitore del Premio Strega Giovani del 2020, scritto da Daniele Mencarelli.
La serie si svolge lungo sette episodi, uno per ciascuno dei sette giorni che il protagonista, Daniele, passa all’interno di un SPDC, un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. A differenza dei centri diurni, gli SPDC accolgono pazienti in modalità residenziale (dunque giorno e notte), spesso a seguito di un TSO, il Trattamento Sanitario Obbligatorio, che viene prescritto per quelle persone che hanno commesso atti che hanno messo a repentaglio la sopravvivenza altrui o la propria.
Daniele, dopo aver passato una serata in discoteca ed essere tornato a casa completamente esausto, si sveglia in un letto d’ospedale, senza sapere perché sia finito lì. Sarà Pino (straordinario Ricky Memphis nella parte), uno degli infermieri, a rivelargli che si trova in mezzo ai “matti” e che dovrà starci per almeno una settimana. Daniele non ricorda nulla della sera precedente, pensa di non aver nulla a che spartire con gli altri ospiti che sono ricoverati nella stanza assieme a lui. Gli psichiatri gli rivelano che molto probabilmente la sua amnesia è dovuta ad un episodio psicotico, durante il quale ha commesso azioni violente che gradualmente riemergono alla coscienza del protagonista.
Non vi racconterò i dettagli della serie - bellissima e commovente - e fra poche righe capirete il perché. Va però detto che Tutto chiede salvezza è una serie necessaria per capire quello cui accennavo all’inizio. Riconoscere il contesto è una delle operazioni più difficili per le persone che vivono episodi più o meno duraturi di disagio mentale. L’intera serie in fondo racconta il viaggio di Daniele lungo la strada che lo porterà a questo riconoscimento. Se nelle prime puntate il protagonista si sente un estraneo - a sé stesso e verso quello che ha fatto, ma anche verso il contesto in cui si trova -, nel corso del tempo comincerà prima a conoscere e poi a riconoscere il luogo in cui è finito, mettendo da parte le sue convinzioni sulla malattia mentale ed entrando in relazione con gli altri pazienti con cui condivide quotidianamente stanza, cibo, sigarette, pensieri ed emozioni.
Proprio su Tutto chiede salvezza è incentrata la nuova puntata del Podcast Profondità di Campo, tenuto da Sergio Stagnitta, psicologo, psicoterapeuta e fondatore del sito Cinema e Psicologia, che ci racconterà la serie ed i suoi personaggi, rivelando l'umanità che li caratterizza ed i loro significati più profondi.
Per seguire il podcast puoi utilizzare anche questo link. Buon ascolto!