Lo psicoterapeuta giusto non esiste

Lo psicoterapeuta giusto non esiste

Mesi fa ho ricevuto un messaggio da una donna. Mi dice il suo nome di battesimo, omette il cognome e mi chiede di intraprendere una psicoterapia. La invito ad uno scambio telefonico nel quale cercare di collocarla in un contesto. Come ha avuto il mio numero, tramite quale rete di rapporti, verificare reciproche disponibilità per un incontro di conoscenza. Ci ha tenuto a specificare che venisse da una brutta esperienza di psicoterapia, e, aggiunge, “per questo vorrei venire a conoscerla, per vedere com’è”.

Quell’affermazione mi ha lasciato indispettita e divertita. Ho pensato al processo di acquisto degli articoli on line. Puoi scegliere un prodotto, verificare che ti piaccia, restituirlo o tenerlo.

Il prodotto è lì indipendentemente da te, non si aspetta nulla, non ti chiede nulla. Come una merce da scegliere, gli psicoterapeuti fanno i conti con la cultura del digital marketing dentro e fuori gli studi.

L’intimità di una relazione terapeutica, al pari di quella sentimentale, è esposta a questo tipo di mercificazione. La logica dei match delle dating app e delle principali piattaforme on line di servizio psicologico non presenta molte differenze. Mentre penso questo, scovo un articolo a firma Tinder e Unobravo. Eccoli, partners in crime. La dating generation è quella che con più probabilità intraprenderà nella vita un percorso psicoterapico. Tinder e Unobravo parlano agli stessi clienti e massimizzano i profitti producendo contenuti in collaborazione. Nel contesto dei tinder match, andare in psicoterapia è uno di quei punti a favore che consente di guadagnare il secondo appuntamento.

La cultura da dentro cui questi interlocutori parlano, e che contribuiscono significativamente a costruire, informa anche quel processo di accesso alla psicoterapia. Lì dove fare psicoterapia, corrisponde a uno status, non fare fatica è la regola. La psicoterapia deve essere vicino, possibilmente on line così da non dover uscire di casa, economica - con primi, secondi e terzi colloqui gratuiti-, flessibile in base alle esigenze del paziente, il terapeuta deve essere disponibile a qualunque orario e a qualunque variazione, e soprattutto lo psicoterapeuta non deve dare fastidio. Una psicoterapia sul modello dei massaggi decontratturanti: entri, ti sdrai, ti rilassi e paghi. Unobravo, come altri servizi simili, promettono di trovare “lo psicologo adatto a te”, consentendoti di sostituire il professionista rapidamente.

Se non ti piace, lo restituisci. Come un reso su Amazon. Dichiarare il perché di questo diniego non è essenziale. Come professionista puoi vederti annullare un appuntamento e vedere terminare quella relazione senza poterne parlare. Viene infatti comunicato alla piattaforma e non al clinico. La piattaforma ha l’interesse di “tenere il cliente” che è molto diverso dal capire cosa è successo in quella relazione, e per questo, oltre ad un generico sondaggio sulle motivazioni – che funzionano per lo più come sistema di recensione del professionista – altro non chiede.

In ogni relazione professionale, anche terapeutica è importante essere soddisfatti del servizio offerto. Questo è indubbio. Per la relazione terapeutica più di altre relazioni, la soddisfazione – fenomeno tutto da definire – è a carico della relazione professionista - cliente.

Se chiamo un idraulico per un rubinetto mal funzionante valuterò il servizio in funzione dell’esito. Il rubinetto funziona? Potranno arricchire quella valutazione altri elementi come la puntualità, la correttezza, il tariffario, l’accuratezza delle spiegazioni. In ultima analisi è probabile che richiamerò l’idraulico che, seppur un po’ caro, un po’ inaffidabile sugli orari o scontroso, mi dà la certezza di risolvere il problema di quel rubinetto.

Non cambia molto se ci spostiamo nell’area medica. Penso in particolar modo a quelle funzioni dove la componente tecnica dell’intervento è più alta. Di recente una cara amica si è trovata ad affrontare un importante evento chirurgico. Nel parlarmene mi ribadiva che, se non avesse avuto la certezza che quel medico fosse tra i più capaci e aggiornati sul tipo di intervento che doveva affrontare, non avrebbe mai scelto lui, definendolo borioso e arrogante. Dopotutto, mentre lui opera, lei dorme. I confronti da sveglia saranno sopportati e tollerati per avere in cambio quelle abilità tecniche per cui il professionista è pagato. Ma per cosa è pagato lo psicoterapeuta?

Mesi fa feci un primo colloquio con una persona. Mi parve l’inizio di un buon lavoro. Durante la sera fui raggiunta da un messaggio breve e lapidario: “Le annullo il prossimo appuntamento perché non voglio proseguire”. Non una parola in più. Come si dice nel fantastico mondo dell’internet “basta un click”.

Ecco, vorrei dire che nelle relazioni, anche terapeutiche, non basta un click.  Invitata a venire a parlarne al colloquio successivo, la persona che mia aveva inviato il messaggio, con tono stizzito, mi disse che si era sentita a disagio a seguito di una mia affermazione e che non credeva che in terapia si dovesse provare disagio.  Fu molto istruttivo. Mi resi conto di pensarla proprio al contrario. Quando non fai un po’ di fatica, non stai lavorando.

La vita che perde senso è cosa diversa da un rubinetto che perde acqua. Forse servono assetti diversi per occuparsene. Pensarsi consumatori nelle relazioni sociali, anche quella con uno psicoterapeuta, è un processo logorante. I consumatori si consumano prima ancora di consumare l’altro.

La vita - e il suo senso – è fatta di rapporti dove si provano disagi, attrazioni, simpatie, amori, stima, paure e così via. La relazione terapeutica, al pari delle altre relazioni, può ospitare tutto questo. La vera differenza risiede nell’obiettivo che ci si dà di occuparsene. Quando si rinuncia a questo, si rinuncia alla psicoterapia.

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