Le otto montagne è il romanzo con cui Paolo Cognetti ha vinto il Premio Strega nel 2017. Il senso del titolo viene raccontato nella seconda parte della storia, attraverso il disegno di un vecchio uomo che il protagonista incontra in Nepal. Come in un Mandala, al centro del disegno c’è la montagna più alta, il Sumeru; intorno a lei, otto montagne e otto mari chiudono il mondo. La domanda che accompagna il disegno è: impara di più chi scala la vetta del Sumeru o chi esplora le otto montagne?
Il romanzo si snoda intorno alla storia di due amici: Piero, il protagonista, e Bruno, l’amico conosciuto in montagna durante l’infanzia. Bruno appartiene alla montagna, assomiglia alla montagna, ha qualcosa di aspro, di disossato, di estremo e di definitivo come la montagna. Bruno sembra quello che sta scalando il Sumeru, il fratello grande, quello che risponde alla vocazione di vivere secondo natura, fedele alla sua propria matrice. Piero viene dalla città, ama la montagna, ma per lui è un’esperienza complessa, dove incontra le memorie del padre e della madre, dove accoglie e rifiuta eredità, dove si rispecchia e da cui si allontana, per poi tornare, cercando la sua propria latitudine interiore, il panorama in cui fermarsi e dire “casa”.
Il romanzo, dal punto di vista psicologico, rimanda fortemente all’archetipo della terra originaria, al dialogo che scaturisce nel confronto con il personale principio di individuazione. In ogni viaggio esistenziale è sempre aperta la partita che si gioca con le proprie appartenenze profonde, con il grembo da cui si scaturisce, e con i passi che si fanno tradendo quell’origine e forse recuperandola dopo averla maneggiata così a fondo da trovarsela trasfigurata tra le mani.
La fedeltà e il tradimento rappresentano nella storia una polarità esistenziale ed affettiva essenziale, che accompagna ogni scelta e ogni movimento e che include i protagonisti in direttrici più ampie (la famiglia allargata, le tradizioni culturali, gli aspetti simbolici dell’esperienza esistenziale), ma non meno incombenti.
Il romanzo è, da qui, una domanda sul destino individuale, che resta aperta. Una domanda, che resta aperta, sul confine tra necessità e scelta. E la montagna non è ambientazione, ma simbolo vivo in cui questa partita si gioca: terra madre ma anche bisogno di trascendenza, materia e spirito, presenza distratta che sfida e impone il limite alle mosse degli uomini.
Le otto montagne è una potente riflessione sul senso del crescere e diventare se stessi.