Angela non è abituata al lusso di quel ristorante. E’ sempre cresciuta in un quartiere popolare, nella sua famiglia si andava in trattoria nei giorni di festa, per occasioni speciali. Suo padre mangiava i bucatini all’amatriciana con foga e in modo scomposto, impiastrandosi il viso di sugo e parlando - forse sarebbe più corretto dire urlando - con la bocca piena.
Michele è un uomo elegante. Si muove fra i tavoli e i camerieri con sicurezza e disinvoltura, come se quel luogo lo abitasse sin dalla nascita, un istinto primordiale guida i suoi gesti, così misurati e fermi. E’ in pieno controllo e Angela lo osserva intimorita e affascinata. I movimenti del corpo di Michele sono una lingua oscura, ma rassicurante, Angela ha questa strana sensazione di ambiguità.
I due si siedono al tavolo, Michele ordina un vino francese di cui Angela non ricorda più il nome. Li possiamo immaginare: Angela scorre il menù impacciata, Michele è ammiccante, fa qualche battuta maliziosa, ma sempre con quel suo modo elegante di confrontarsi con il mondo.
Arriva l’antipasto e Michele continua il suo gioco seduttivo.
“Me lo fai assaggiare?”
“Certo, Michele. Tieni”. Angela avvicina il piatto a Michele.
“No, no. Fammelo assaggiare tu”
Angela è interdetta. “Non vorrei insozzarti”.
“Hai paura di sporcarmi?”
“Scusa”. Angela ride in modo ansioso. “Volevo dire ingozzarti, non so perché mi sia uscito insozzarti”.
“Non mi ingozzerai, stai tranquilla”.
Angela avvicina la forchetta alla bocca di Michele. Non è a suo agio, le sembra tutto così distante dalla sua natura. Sente l’agitazione crescere, ma non vuole darlo a vedere.
“Ti verso del vino?”. Angela si avvicina per afferrare la bottiglia e riempire il bicchiere di Michele, ma i gesti sono goffi e la bottiglia le scivola dalla mano, cadendo fragorosamente sul tavolo. Il vino schizza ovunque, bagnando la camicia di Gucci di Michele. Angela osserva inorridita la scena, si alza e corre in bagno a nascondersi per la vergogna.
Nel 1901, Sigmund Freud pubblicò uno dei suoi testi più celebri, Psicopatologia della vita quotidiana, nel quale analizza il significato psicoanalitico di quelli che chiama lapsus, atti mancati, sbadataggini e dimenticanze.
Nell’accezione moderna, il lapsus è una svista linguistica, un refuso o un errore di pronuncia, ma per Freud il senso era molto più ampio. Qualsiasi gesto - non solo gli atti verbali - può essere considerato un lapsus. E non sono considerati “errori” o semplici distrazioni, dimenticanze e gesti involontari. Sono l’indizio di un conflitto psichico interiore, che porta il soggetto a dire qualcosa al posto di un’altra, o a compiere un’azione apparentemente distratta ma che, se analizzata, può rivelare fantasie inconsce molto complesse.
Prendiamo l’esempio di Angela. Il lapsus verbale (lo scambio fra ingozzare e insozzare) può sembrare un semplice refuso, una sostituzione di lettere. Se, però, analizziamo quelle parole alla luce del ricordo del padre che mangia i bucatini in trattoria, capiamo che nell’inconscio di Angela i ristoranti sono il luogo in cui suo padre si ingozzava e si sporcava in un unico atto senza soluzione di continuità. Un’immagine che causa ad Angela vergogna sociale, probabilmente disprezzo per il suo contesto di origine, senso di inadeguatezza per il nuovo contesto in cui si trova, il ristorante di lusso in cui Michele l’ha invitata.
Il lapsus seguente, però, aiuta a comprendere che il vissuto inconscio di Angela è ancora più stratificato. La sua paura di “insozzare” Michele viene messa in atto. Angela fa cadere “involontariamente” la bottiglia di vino, avverando la sua paura. Dal punto di vista inconscio, quel gesto è davvero una distrazione dettata dall’ansia?
Angela forse non prova solo imbarazzo per il ricordo di suo padre. Angela potrebbe provare un vissuto aggressivo rispetto a Michele e l’ambiente elegante e opulento che rappresenta. Un ambiente che è intollerabile per Angela e che deve essere “sporcato” per essere riportato a ciò che è per lei familiare: la trattoria in cui si gode e ci si insozza, liberando il piacere in modo manifesto.
Chiudo questa newsletter con un buon proposito per il nuovo anno. Dal 2024, infatti, abbiamo deciso di chiamare questo spazio, rivolto ai cittadini e ai non addetti ai lavori, proprio Lapsus.
Siamo costantemente bombardati da informazioni, articoli, pubblicità e newsletter, le nostre caselle mail sono intasate di contenuti. Anche questa newsletter potrebbe finire nel tritacarne informativo. Oppure potrebbe essere aperta, come state facendo in questo momento. Magari siete seduti sul divano o sdraiati sul letto e state leggendo distrattamente, prendendovi 5 minuti per incuriosirvi o, perché no, intrattenervi.
E’ possibile che stasera a cena vi possa venire voglia di parlare con gli amici di quanto avete letto in questa newsletter. Ne accennerete distrattamente, ma dialogando con loro, inizierete a trovare nessi, a complessificare, ad approfondire. Magari non succederà, ma ci piace pensare che possa avvenire. Come un lapsus, una lettura leggera e distratta potrebbe diventare spunto per riflessioni più ampie.