Devianze

Devianze

Droga, alcolismo, tabagismo, ludopatia, autolesionismo, obesità, anoressia, bullismo, baby gang, hikikomori. Questo è l’elenco dei fenomeni che recentemente, in un post che ha avuto risonanza nazionale, una parte politica del nostro paese ha racchiuso sotto il cappello delle devianze giovanili. Devianze che sarebbero problematiche per la società e andrebbero combattute attraverso la diffusione dello sport (magari riducendo i fondi al sistema sanitario). La parte politica opposta ha poi rincarato la dose: con l’hastag #VivaLeDevianze, ha tentato di diffondere un messaggio che è risultato complementare. L’intento di “normalizzare” la diversità non ha ottenuto l’esito desiderato, perché gran parte dell’opinione pubblica ha comunque riscontrato la semplificazione di un problema ampio e complesso, che richiederebbe l’uso di categorie psicologiche più profonde per essere trattato.

Non entriamo nel merito politico della questione, né del sistema di valori che sottende i due tipi di messaggi, perché non è questo l’ambito, né è di nostra diretta competenza. I disagi ed i disturbi elencati, tuttavia, sono di diretta competenza psicologica e riteniamo sia interessante approfondirli.

Anzitutto, cosa si intende per devianza in psicologia?
Premetto che è un termine abbastanza obsoleto. La storia del costrutto è antica e faceva riferimento a tutte quelle condotte che si discostano dalle regole sociali condivise, fino a sfociare nel comportamento criminale. In quest’ottica, alcuni dei termini citati, come le baby gang, le tossicodipendenze, la ludopatia o l’alcolismo, ancora oggi risentono di questa definizione e sono visti culturalmente come fenomeni che mettono a rischio l’incolumità personale, ma anche l’ordine sociale.
Da qualche decennio, tuttavia, la gran parte di queste condizioni sono trattate dal punto di vista clinico, non più come semplici comportamenti devianti, ma come disturbi o situazioni di malessere psicologico che necessitano di interventi di diagnosi, cura ed esplorazione del disagio vissuto, più che interventi di correzione morale o sociale.

Perché, dal punto di vista psicologico, il messaggio diffuso dalle principali forze politiche del nostro paese è preoccupante? Ritengo che siano tre i motivi principali.

In primo luogo, le “devianze giovanili” così proposte sembrano essere problemi individuali che vanno corretti e non complesse condizioni da esplorare nella loro dimensione sociale e relazionale. I tossicodipendenti, gli alcolisti, gli anoressici e via dicendo, sono presentati come privi di contesto. Il comportamento disfunzionale sarebbe generato dalla cattiva educazione ricevuta in una fase delicata della crescita come quella dell’adolescenza. Mancano l’insieme delle relazioni (familiari, sociali, ambientali) all’interno delle quali questi comportamenti assumono un significato, mancano la storia di vita e le esperienze traumatiche che sono alla base di tali condizioni.

In secondo luogo, si mettono assieme comportamenti che richiedono interventi molto diversi fra loro. Paragonare un fenomeno sociale violento come quello delle baby gang con il malessere estremo di una persona anoressica, il bullismo con l’autolesionismo, non aiuta a comprendere né come nascano certi fenomeni, né tantomeno come poter intervenire dal punto di vista clinico e psicologico. Tutto è ricondotto ad un minimo comune denominatore: sono atti di deviazione dalla norma, non c’è interesse per i motivi che li guidano. 

In ultimo - forse il punto più importante - la comunicazione politica pecca gravemente di riduzionismo nel trovare soluzioni a situazioni che dovrebbero coinvolgere tutti, l’azione politica in primis.
Se non basta dire “viva le devianze” per affrontare condizioni così delicate, anche la panacea dello sport appare come risposta paternalista, che rivela la scarsa conoscenza dei disturbi di cui si parla.
Basti pensare a come l’esercizio fisico sia vissuto da una persona anoressica, utilizzato in modo compulsivo come strategia di compensazione all’assunzione di calorie.
Si può anche fare riferimento a come possa vivere lo sport un ragazzo hikikomori. Un’esperienza sociale di condivisione del corpo come lo sport, come verrebbe vissuta da persone che percepiscono la sottrazione al contesto sociale della propria corporeità il principale strumento di difesa dalla propria angoscia? Persone il cui primo problema non è fare attività fisica, ma uscire di casa e - nei casi più estremi - dalla propria camera da letto.

Ridurre tutti questi problemi a devianza non fa ben sperare per il futuro. La comunicazione politica sembra ancora molto lontana da una presa di coscienza, prima ancora che da un’assunzione di responsabilità, rispetto a cosa significhi trattare il malessere psicologico.

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