Todo cambia. La lontananza dalla terra natìa fra conservazione e mutamento

Todo cambia. La lontananza dalla terra natìa fra conservazione e mutamento

1973. Julio Numhauser, musicista cileno, è su un autobus diretto a Mendoza in Argentina per suonare ad un concerto, seguito da alcuni dei suoi familiari. Proprio in quelle ore la sua casa a Isla de Maipo, in Cile, dove si trovano la figlia e la moglie, è perquisita dai militari che hanno appena compiuto uno dei golpe più famosi della storia, quello che porta il generale Pinochet a capo della dittatura che durerà fino al 1990. Numhauser capisce che non potrà più far ritorno in patria ed è costretto all’esilio, prima in Italia e poi in Svezia. Per quasi 20 anni non vedrà più la sua terra natìa.  

1979. L’Argentina è nel pieno della dittatura militare di Jorge Rafael Videla, quella passata alla storia per i desaparecidos, la scomparsa mai accertata definitivamente di circa 30.000 dissidenti politici contrari alla giunta militare. Mercedes Sosa, cantante argentina la cui voce diverrà iconica in Italia grazie ad Habemus Papam di Nanni Moretti, è detta La Negra e sceglie la via dell’esilio prima a Parigi e poi in Spagna. Tornerà in patria pochi anni più tardi, nel 1982, al crollo della dittatura, che ha combattuto dall’esterno attraverso la sua arte ed il suo impegno politico e civile. 

1983. Julio Numhauser, ancora in esilio, scrive il suo pezzo più celebre, Todo cambia, in cui racconta il dolore per la perdita della sua terra, che osserva da lontano cambiare anno dopo anno. Un cambiamento che riguarda anche sé stesso, ormai trasformato dall’esilio forzato e dal tempo che passa.
Mercedes Sosa ascolta il brano e comprende che racconta una storia comune che riguarda cileni e argentini, ma in generale tutti gli esuli sradicati con la violenza dalla casa d’origine o costretti a fuggire. Decide dunque di interpretarlo, farlo suo, aggiungendo ad un testo bellissimo e malinconico la potenza della sua voce, la coralità della sua interpretazione. Nella vocalità della Sosa infatti sembra essere racchiuso il lamento disperato ma mai rassegnato di migliaia di vite strappate alle proprie radici e ostracizzate da quelli che l’ideale di Nazione vorrebbe fossero fratelli.

Cambia il sole nella sua corsa
quando la notte persiste,
cambia la pianta e si veste
di verde primavera.

Cambia il manto della fiera
cambiano i capelli dell’anziano
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.


Todo cambia procede per immagini che rievocano l’alternarsi delle stagioni e delle fasi della vita, in cui tutto si alterna, si modifica, si rinnova e degenera. Il ciclo del sole, il colore delle piante, il manto degli animali, i capelli dell’uomo che invecchia. Nulla è statico, tutto si muove. In questa degenerazione e rigenerazione universale, anche l’esule cambia le sue abitudini, le sue idee, le sue motivazioni. Il continuo incedere non è un cambiamento solo esteriore, ma restituisce la mutevolezza delle emozioni con cui ci confrontiamo quotidianamente.


Ma non cambia il mio amore
per quanto lontano mi trovi,
né il ricordo né il dolore
della mia terra e della mia gente.

E ciò che è cambiato ieri
di nuovo cambierà domani
così come cambio io
in questa terra lontana.

Cambia, tutto cambia.

E così all’infinito. Alla mutevolezza delle emozioni, subentrano sentimenti più duraturi, sostenuti dalla convinzione che non cambieranno mai, pervicaci nel loro rapporto con la terra d’origine così diversa dal nuovo Sé, costruito altrove. L’amore ed il dolore per ciò che è perduto, la memoria che resta fedele a quello che è stato. Eppure anche la patria sta cambiando e così l’esule nel nuovo contesto. E nel nuovo giorno ricomincia la danza della mutazione e tutto cambia, inarrestabile.

Todo cambia dal punto di vista psicologico sembra rimarcare un vecchio adagio della psicologia, la distinzione fra le emozioni, più istintuali e cangianti, ed i sentimenti, più duraturi, appresi, costruiti nel tempo. Il dolore dell’esilio e l’amore per il proprio popolo sembrano protetti dal tempo - qualcuno direbbe che a proteggerli sia l’inconscio, di cui l’assenza di temporalità è uno dei principi di funzionamento. Eppure la canzone si conclude con la consapevolezza che l’illusione di cristallizzare il tempo e le emozioni è destinata a fallire.

Alla fine tutto cambia. Non a caso la fantasia di immutabilità è una delle caratteristiche peculiari della nevrosi. Allora quanto detto nella prima strofa riemerge come una profezia: non c’è distinzione fra ciò che è epidermico e ciò che è incistato nel profondo e si ritiene al sicuro dallo scorrere del tempo.

Cambia, tutto cambia.

Cambia ciò che è superficiale
e anche ciò che è profondo
cambia il modo di pensare
cambia tutto in questo mondo.

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