Malattie croniche. Come lo psicologo può facilitare la cura

Malattie croniche. Come lo psicologo può facilitare la cura

I dati Istat e le varie ricerche epidemiologiche sulla popolazione sono concordi nel riscontrare un significativo aumento delle patologie di natura cronica. Questo dato è ragionevolmente connesso all’aumento delle aspettative di vita della popolazione nel suo complesso, una longevità che pone l’accento, sul piano delle strategie sanitarie, sulla necessità di investire su piani terapeutici a lungo termine.

In questo contesto, la collaborazione attiva del paziente alla cura, definita tecnicamente adherence al trattamento, è elemento fondamentale in termini di efficacia della terapia. Non si tratta, quindi, esclusivamente dell’assunzione dei farmaci prescritti, quanto di affrontare e gestire in maniera efficace tutte le dimensioni che sono coinvolte nel processo di cura, compreso l’aspetto psicologico e relazionale inerente al trattamento.

La non aderenza alla terapia nella pratica medica è un comportamento piuttosto diffuso e dalle conseguenze spesso gravi. E i motivi per cui i pazienti non aderiscono ai trattamenti medici hanno generalmente una motivazione affettiva e psicologica. Fronteggiare una diagnosi di malattia cronica significa, in prima istanza, affrontare sentimenti di rabbia, vergogna, tristezza. Una malattia cronica obbliga alla revisione della dimensione immaginaria e reale della propria salute, del proprio io ideale, dei propri limiti.

A volte la malattia cronica prevede la necessità di limitare e correggere comportamenti quotidiani basici: essere costretti a un regime dietetico rigido (come nel diabete, ad esempio). O gestire la regolazione dell’assunzione di farmaci da soli, a casa. Un altro fattore importante che sembra interferire con l’aderenza terapeutica è rappresentato dall’eventuale presenza di effetti collaterali che il paziente addebita alla terapia. L’impatto negativo sull’aderenza terapeutica sarà maggiore nei casi in cui gli effetti collaterali sono imprevedibili o nei casi in cui superano i percepibili vantaggi della terapia.

Lo spaesamento, la rabbia, la frustrazione, possono produrre un atteggiamento oppositivo: se è troppo oneroso dal punto di vista emozionale farsi carico della malattia, si tenderà inconsciamente a mettere in atto comportamenti di boicottaggio della cura, comportamenti che poi innestano, in una spirale negativa, sentimenti di ansia e depressione.

Le condizioni necessarie che determinano la riuscita di una terapia sono davvero molteplici. Fondamentale è partire da una efficace e dettagliata informazione da parte del medico. La fiducia nei confronti del curante è l’ambiente originario in cui si impianta la capacità del paziente di attivare risorse ed energie per affrontare la ferita profonda che ogni malattia produce. Un medico che sappia considerare veramente la complessità dell’essere umano portatore della malattia, e non soltanto i protocolli previsti scientificamente per i sintomi, è strumento essenziale per l’aderenza del paziente al trattamento.

I risultati di svariati studi hanno mostrato infatti come aspetti dipendenti da una cattiva comunicazione e perdita di fiducia tra medico e paziente, influiscano negativamente sull’adherence al trattamento.

Per affrontare una malattia cronica c’è bisogno di molta energia e il sistema coinvolto prevede molti attori in scena: il paziente, il medico, i familiari. In questo contesto, l’intervento dello psicologo risulta di fondamentale importanza. Lo psicologo ha il compito di fare da collante tra tutte le dimensioni in campo. Aiutare il sistema (medico-paziente-caregivers vari) a affrontare l’aspetto emotivo della malattia. Che non è una cosa in più, ma ingrediente centrale per la riuscita del progetto terapeutico. Infatti, le ricerche mostrano chiaramente che pazienti con patologie croniche sofferenti di depressione sono caratterizzati da un rischio di non aderenza tre volte superiore ai non depressi.  Lo psicologo può aiutare i medici nella comunicazione efficace del progetto terapeutico e nella gestione di alcune dimensioni emozionali di cui anche i curanti sono portatori (difficoltà a fronteggiare l’angoscia o l’ansia del malato, frustrazione e delusione rispetto ai possibili fallimenti terapeutici, etc.), può aiutare il paziente a elaborare i vissuti emotivi legati alla malattia, può aiutare i parenti a far fronte all’impegno spesso oneroso che gli viene richiesto, sia dal punto di vista concretissimo dell’assistenza, sia da quello più delicato dell’accompagnamento affettivo.

Oltre alla fondamentale aderenza alla terapia, per le persone che vivono un particolare stato di salute diventa importante sapere di non essere sole e di poter contare sul supporto di professionisti della salute che li affianchino in un percorso che, tra fasi di acuzie e di mantenimento, li accompagnerà molto a lungo.

PrecedenteAnoressie
SuccessivoGioco e resilienza. I bambini imparano meglio e sono più forti se si divertono