Le parti della mente

Le parti della mente

Sara è appena rientrata a casa dal lavoro. E’ stanca, molto stressata, ha avuto una giornata devastante. Il suo capo l’ha aggredita verbalmente dicendole che è un’incapace, perché ha dimenticato di spedire quella mail in tempo, come le aveva chiesto giorni prima. Ora l’appuntamento con il finanziatore è saltato, chissà se gli daranno un’altra opportunità.
Sara si è presa la colpa di quanto accaduto, si è scusata con il capo e gli ha implorato di non licenziarla. Ha passato tutta la giornata lavorativa a criticare sé stessa, la sua distrazione, la sua pigrizia mentale. Da anni prova ad organizzarsi e stare sempre sul pezzo, ma ogni tanto le capita di dimenticarsi qualcosa, come accadeva da adolescente, quando suo padre le urlava contro perché non aveva fatto la spesa: “tua madre ora non c’è più, ma tu sei un disastro, sei pigra e dimentichi tutto!”.
Sara non capisce perché. Eppure è sempre vigile, la sua voce interiore le ripete costantemente che non deve mai abbassare la guardia. Le parole del capo le risuonano nella testa, si sente sopraffatta, ha bisogno di bere un bicchiere di vino. Magari due. Perché no, tutta la bottiglia, così forse riuscirà a dormire e non sentire più niente.

Certamente vi sarà capitato di sentir dire che alcune dipendenze sono comportamenti autoterapeutici. Sono forme di cura delle proprie ferite, ovviamente in modo disfunzionale e problematico, ma ricercate dall’individuo perché leniscono il dolore che prova nel profondo.
Questa spiegazione, che può apparire grossolana, non è però poi così distante dal vero.

Diversi modelli psicologici hanno parlato della mente come una struttura composta da diverse parti. Trent’anni fa, tuttavia, Richard Schwartz, nel tentativo di definire cosa sia il Sé, propose di descriverlo non come una struttura unitaria e monolitica, ma come un’espressione molteplice di chi siamo. I nostri pensieri - che talvolta nella nostra mente si esprimono sotto forma di parole - allora sarebbero un dialogo fra parti che possono essere più o meno in comunicazione, più o meno integrate fra loro.

Come abbiamo visto in una precedente newsletter, nei casi più estremi, le parti si dissociano e non sanno nulla le une delle altre. Esistono però casi meno polarizzati, in cui tuttavia le parti faticano ad essere integrate. Esse non appaiono direttamente alla nostra coscienza, talvolta sono escluse, e soprattutto non conosciamo bene quale sia la loro funzione. 

Su queste basi Schwartz creò il modello dei Sistemi Familiari Interni, ipotizzando che il lavoro psicologico si fondi sulla capacità della terapia di riportare le parti a comunicare fra loro in modo funzionale.  

Nel caso di Sara, le parti che sono state escluse dalla coscienza, sono quelle ferite nel rapporto con il padre, che la umiliava, responsabilizzandola, dopo la perdita della madre. Proprio perché escluse, Schwartz chiama queste parti Esiliate: sono ricordi troppo dolorosi per essere accessibili e dunque vengono messe da parte, ma non sono da sole.

Ogni volta che un evento della vita quotidiana porta alla luce quei ricordi, accorrono altre parti che hanno il ruolo di protettori. Tali parti sono definite da Schwartz i Manager: la loro funzione è proteggere le parti ferite, gestendo la situazione, riportando le emozioni prevaricanti sotto controllo. Nel caso di Sara è la sua parte critica ed ipervigilante che le dice di non abbassare mai la guardia, per non sentire l’umiliazione che nella sua mente la dimenticanza e la pigrizia le rievocano, attraverso i rimproveri paterni.  

Quando però l’evento è troppo stressante, i Manager possono andare in difficoltà e non essere più in grado di gestire la situazione interiore. L’incendio a quel punto divampa e serve l’intervento dei Firefighters, letteralmente le parti Vigili del Fuoco (come li chiama Schwartz) che devono contenere il disastro. Nell’esempio di Sara è la dipendenza dall’alcol. Bere permette di ridurre la sensazione di vergogna e dolore associata al ricordo, riemerso dopo la sfuriata del capo. Ormai la situazione è compromessa, non importa più quale sia il metodo, “la meccanica non mi interessa” (cit.). Ciò che conta è ridurre a tutti i costi l’angoscia provata e per Sara l’alcol è la soluzione migliore.

L’aspetto più interessante del modello dei Sistemi Familiari Interni è quello di dare un senso alla funzione che le nostre parti interne rivestono nelle nostre condotte quotidiane più o meno disfunzionali. Ognuno di noi è composto da “parti” che interagiscono fra loro e si aiutano reciprocamente (o ci portano all’autodistruzione). E’ però importante comprendere che queste parti non agiscono in modo incomprensibile, né lo fanno per puro autolesionismo. Spesso il modo in cui esse intervengono dipende da quello che è avvenuto in passato. Il loro ruolo in precedenza ha avuto un effetto calmante ed ha permesso di affrontare un contesto difficile. Con il tempo, però, le parti più problematiche (pensiamo alle dipendenze, ma anche agli attacchi bulimici o ai comportamenti anoressici) mostrano gli effetti negativi a lungo termine. La funzione dell’intervento psicologico è dunque quella di portare alla luce a quali funzioni rispondono tutte le parti del Sé e trovare sistemi meno disfunzionali per affrontare le ferite del passato.

E voi siete consapevoli delle vostre parti?

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