Baby Raindeer

Baby Raindeer

Baby Raindeer, letteralmente “piccola renna”, è una serie targata Netflix che sta avendo in queste ultime settimane un successo planetario, diventando in breve tempo la più vista sulla piattaforma.

La serie è stata scritta, diretta e interpretata da Richard Gadd, sceneggiatore e attore scozzese, che ha scelto coraggiosamente di scrivere una serie televisiva, raccontando i fatti che ha vissuto in prima persona, mettendoci dunque la faccia, ma anche la propria fragilità emozionale.

Prima di proseguire questa newsletter, un alert doveroso. Questo testo contiene degli spoiler e, se non hai mai visto la serie e hai intenzione di farlo, ti chiedo di fermarti qui nella lettura. Potrai riprenderla dopo aver visto Baby Raindeer, potendo così goderti l’analisi a posteriori.

La serie racconta le vicende di Donny, un aspirante stand up comedian che, giunto all’età di 30 anni, non ha ancora raggiunto il successo, un successo che desidera intensamente. Donny si ritrova invischiato in una realtà senza prospettive. Lavora in un pub per sopravvivere, la carriera da comico non decolla, vive dalla madre della sua ex fidanzata, sta esplorando un nuovo rapporto sentimentale con Teri, una donna trans che vorrebbe rendere pubblica la loro relazione, scontrandosi con la vergogna dello stesso Donny, che sembra non accettare la propria bisessualità.

In quella vita sospesa entra prepotentemente Martha, una donna di circa 40 anni che si siede al bancone del pub, chiede una diet coke, ma dice di non avere soldi per pagarla. Donny prova pietà e le offre la bevanda, quando la donna comincia a raccontare una storia incredibile, che stona molto con la sua impossibilità a pagare una coca-cola: è un’avvocata di successo, conosce tante personalità di spicco del mondo politico, ha una vita sempre piena e con poco tempo libero. Eppure comincia a passare ore interminabili al pub di Donny, che gradualmente comincia a provare affetto per Martha, che gratifica il suo narcisismo riempiendolo di complimenti e attenzioni.

Donny non sa che ha appena dato avvio al suo inferno personale. Martha s’insinua in modo sempre più insistente nella sua vita, comincia a scrivergli mail in modo ossessivo, a pedinarlo sotto casa, a seguirlo ovunque lui vada. In poco tempo, Donny scopre che Martha è una stalker seriale, già condannata in passato per questo tipo di crimine. 

Tuttavia, Donny sembra non poter fare a meno di Martha: percepisce che in lei c’è un vuoto, una ferita antica, a cui non sa dare nome, ma nella quale lui si identifica. Così comincia a compiere tutti i passi più scriteriati nei confronti di Martha: non la denuncia, lascia che lei incontri Teri e la aggredisca, fino a quando non riesce a minacciare non solo Donny, ma anche i suoi genitori. Donny è spaventato, ma allo stesso tempo non riesce a separarsi completamente da lei.

Arrivati a metà della serie, lo spettatore non riesce a comprendere il comportamento di Donny. Perché non fa semplicemente la cosa giusta? Perché sembra così testardamente intenzionato a lasciare che Martha gli distrugga la vita?

Il quinto episodio della serie rappresenta la chiave per interpretare l’intera opera di Gadd. È un episodio disturbante, nel quale Donny-Gadd ripercorre gli ultimi 5 anni della sua vita, che lo conducono in un vortice di umiliazione, abuso e degradazione che sembra irreparabile.

Donny era un giovane comico di belle speranze, ancora convinto che il mondo dello spettacolo avrebbe spalancato le porte al suo talento, senza grandi sforzi. Durante un festival, conosce Darrien, uno sceneggiatore di grande successo, che decide di prenderlo sotto la propria ala. Darrien, tuttavia, comprende da subito il bisogno di attenzioni e successo di Donny e lo sfrutta nel modo più violento. Invita Donny a casa sua e gli fa assumere droghe sempre più pesanti, che portano il giovane comico a perdere più volte i sensi. Donny ripete l’esperienza per giorni, settimane, mesi. Donny con il tempo comprende che Darrien lo ha stuprato in più occasioni mentre lui era incosciente.

Come dirà lo stesso Donny in un momento di coming out pubblico: “è questo che comporta l’abuso, attrae i casi umani, perché è la ferita aperta che li attrae”.

Finalmente cominciamo a intravedere cosa c’è dietro la storia del rapporto fra Martha e Donny e quale sia il senso che Richard Gadd vuole dare alla sua opera. Non è interessato a parlare di stalking da parte di una persona con evidenti disagi psichici, un abuso così palese che, nonostante tutte le resistenze, alla fine è semplice da denunciare. Gadd vuole parlare di cosa si cela nel “mondo dei sani”: abusi e stupri subdoli, manipolatori, da parte di chi è in grado di determinare il tuo successo personale, offrendo l'illusione del potere.

Oltre a ciò, Gadd manda un messaggio molto coraggioso. La sua è una serie che parla della malattia mentale ricostruendo i nessi, senza delegare al singolo il carico del disagio. Non è la condanna dello stalking il fulcro del racconto, quanto l'attrazione profonda che proviamo per il trauma, personale e altrui, senza proporre l'idea rassicurante che ci siano uno stalker e uno stalkerato, ma due persone che proiettano a vicenda il proprio disagio, nella speranza illusoria di una rimarginazione della ferita impossibile. Poi - e qui Gadd torna su un piano razionale, più che emozionale - c'è chi lo fa in forme socialmente accettabili e chi meno, ma l'essenza più intima è la stessa.

Baby Raindeer è una serie che racconta il legame complesso che lega le persone coinvolte in rapporti violenti. E potremmo affermare che l’intera serie sia soltanto il prologo alla scena finale, la vera anima di tutta l’opera. Donny si ritrova in un pub, dopo aver ceduto nuovamente a Darrien, pur di fare carriera, dopo essersi liberato di Martha, ormai in carcere. Ascolta nelle cuffie del suo iphone un messaggio che Martha le aveva mandato e nel quale svela i suoi traumi infantili. Donny chiede una vodka e cola, ma si accorge di non avere soldi. Il barman gli dice di non preoccuparsi e gli offre il cocktail. Donny finalmente comprende Martha: nel momento di ricaduta più buio, ne comprende la profonda solitudine, l’intollerabile sensazione di impotenza, ma anche il bisogno di essere riconosciuta dall’altro, anche soltanto attraverso un semplice gesto, come la gentilezza dell’offerta di una bevanda.

Concludo questa newsletter con un dato di cronaca. Dopo il successo della serie, l’opinione pubblica ha fatto di tutto per scoprire chi fosse la vera Martha, riuscendo a identificarla. Sul web è pieno di articoli che rivelano la persona reale che c’è dietro il personaggio della fiction.

Al contrario, in pochi hanno provato a cercare di scoprire chi ci fosse dietro Darrien. Segno che, nonostante il coraggio dell’autore, la nostra cultura è ancora più attratta a setacciare morbosamente la mente “malata” della stalker, ma non la depravazione, la violenza e l’abuso di potere che permea certi ambienti, come quello dell’intrattenimento e dello spettacolo.

Qualcuno ha compreso quale fosse l’intento di Gadd, raccontare la complessità delle relazioni umane e del trauma. Qualcun altro è rimasto in superficie, attratto in modo semplicistico dalla rappresentazione dello stalking e della patologia mentale come deviazione enigmatica, da indagare, portare alla luce e gettare in pasto all’opinione pubblica.

C’è ancora chi vede in Darrien una norma spiacevole ma inevitabile e in Martha il mostro da rinchiudere in cella. Gadd propone una visione molto più difficile da affrontare, denunciando gli abusi subiti da chi aveva potere e identificandosi in chi, pur colpevole di stalking, non ha alcun potere a garantirgli la libertà, a insabbiare le proprie azioni.

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