Plusdotazione intellettiva: studenti troppo intelligenti per essere felici

Plusdotazione intellettiva: studenti troppo intelligenti per essere felici

“Troppo intelligenti per essere felici” è il titolo di un libro di Jeanne Siaud-Facchin: nel libro la psicologa francese per la prima volta si occupa di plusdotazione intellettiva degli adulti e descrive un mondo tutt’altro che roseo.


Chi come noi si occupa di plusdotazione intellettiva di bambini e ragazzi, non riesce, ahimè, a descrivere una situazione migliore. Questi bambini, infatti, spesso vivono molte difficoltà, in particolare a scuola, ebbene sì, proprio nel contesto in cui, nell’immaginario comune, le cose dovrebbero andare meglio per loro. 

Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire innanzitutto che cosa intendiamo con il termine plusdotazione intellettiva. Stando alla letteratura di riferimento, con il termine ‘plusdotato’ si identifica un individuo che, rispetto ai pari, mostra (o ha il potenziale per mostrare) un’abilità sorprendente in un determinato momento e in specifiche aree considerate di rilievo nella propria cultura di appartenenza (Keating, 2009; Pfeiffer, 2013; Sternberg et al., 2011). In termini più semplici potremmo dire che un bambino plusdotato è in pratica quel bambino che, rispetto alla media dei suoi coetanei, sa e sa fare molte più cose o le sa fare molto meglio, in un dato momento storico e in riferimento ad uno specifico contesto, somigliando, a volte, ad un piccolo adulto per le sue capacità cognitive. Ci tengo a sottolineare “per capacità cognitive”,  perché a dispetto di quanto si potrebbe immaginare, nella pratica clinica riscontriamo sempre più spesso quella che definiamo una discrepanza tra il Quoziente Intellettivo (QI) molto alto, e la capacità di gestione delle emozioni, in cui questi individui risultano spesso essere meno maturi dei coetanei. 

Entrando più nel dettaglio della descrizione dei bambini e ragazzi plusdotati o gifted, proponiamo il modello tripartito di Pfieffer (2013), secondo il quale gli allievi gifted (plusdotati), possono essere divisi in 3 categorie: 

  • soggetti che possiedono un Quoziente Intellettivo significativamente superiore alla media della popolazione;
  • soggetti che raggiungono risultati brillanti;
  • soggetti che possiedono il potenziale per eccellere.

Queste categorie rappresentano delle ‘lenti’ attraverso cui ‘guardare’ gli studenti ad alto potenziale. Tali ‘lenti’ sono tra loro distinte ma non mutuamente escludentesi. Questo significa che in un determinato soggetto possiamo trovare una, due o anche tutte e tre le caratteristiche proposte da Pfeiffer. Come si può notare, al primo posto troviamo il Quoziente Intellettivo, ossia quel valore che possiamo ottenere grazie a test che misurano l’intelligenza, ossia quell’insieme di capacità cognitive che permettono di risolvere problemi in maniera efficace, dai più semplici ai più complessi. Tuttavia ci capita anche di incontrare bambini gifted che non ottengono subito valori alti ai test, per una serie di fattori che possono andare da un’inibizione di tipo emotivo, al fatto che la loro eccellenza cognitiva è abituata ad esprimersi in altre modalità e in altri ambiti rispetto a quelli proposti dai test. Bisognerà allora avere un occhio clinico particolarmente allenato per riuscire a cogliere, attraverso colloquio e osservazioni accurate, se è presente un profilo di plusdotazione intellettiva. In genere raccogliendo la storia del soggetto, si viene a conoscenza di risultati brillanti in varie aree, a dispetto dei risultati dei test. 

Infine abbiamo quei soggetti che hanno il potenziale per eccellere ma non lo hanno ancora dimostrato. Si tratta dei cosiddetti studenti gifted di tipo “sotterraneo”, ossia quegli studenti che ottengono ottimi risultati ai test, ma che nella vita scolastica hanno pessimi voti, ad esempio.

E’ interessante avere presente il modello tripartito di Pfeiffer, poiché obbliga noi clinici a tenere conto di tutta una serie di aspetti a cui  spesso si fa poca attenzione, riducendo spesso la valutazione del bambino al suo QI.

Ma torniamo al titolo di questo articolo: “Troppo intelligenti per essere felici”. Ebbene, come dicevamo, molto spesso a fronte di una capacità intellettiva superiore alla media, questi bambini mostrano una difficoltà evidente nella gestione emotiva, più nello specifico spesso presentano: 

  • elevata intensità emotiva; 
  • difficoltà nel tollerare la frustrazione;
  • difficoltà nell’integrarsi pienamente nel gruppo dei pari;
  • perfezionismo;
  • tendenza a discutere le regole o le punizioni se percepite come imposte con autorità e non condivise eticamente.

Si intuisce quanto possa essere tutt’altro che facile, per un bambino del genere, vivere il quotidiano anche di una semplice lezione scolastica, in cui da una parte vengono proposte attività percepite come noiose e superflue, dall’altro non si ha la maturità emotiva per gestirne la frustrazione.

Così, nascono spesso dei conflitti con gli insegnanti, che ci descrivono bambini fortemente oppositivi e disattenti, oppure demotivati e tendenti all’isolamento. Molto spesso questi bambini vengono segnalati dalla scuola come potenziali portatori di disturbi dell’attenzione/iperattività o come bambini oppositivo-provocatori e, ahimè, spesso collezionano anche diagnosi “illustri” di questo tipo.

Naturalmente non tutti i bambini plusdotati presentano questo tipo di difficoltà. Maria Assunta Zanetti, docente dell’Università degli Studi di Pavia, e tra i massimi esperti di plusdotazione in Italia, descrive diverse tipologie di bambini gifted, tra cui anche i cosiddetti gifted “brillanti”, ossia quelli che non hanno difficoltà in ambito scolastico e sociale e raggiungono il successo in molte aree. Tuttavia esistono altre tipologie di studenti, i cosiddetti gifted sotterranei, ad es., o a rischio o doppiamente eccezionale, che presentano non poche difficoltà sia scuola che in altri contesti relazionali.

Cosa possiamo fare per aiutarli?

Innanzitutto è importante affidarsi a professionisti esperti di plusdotazione per avere una valutazione ben fatta, che metta in luce non solo il QI, ma anche i punti di forza e di debolezza del bambino o ragazzo, sia dal punto di vista emotivo che cognitivo.

Bisogna poi aiutare sia genitori che insegnanti a conoscere meglio il mondo della plusdotazione e soprattutto le strategie educative e relazionali più adatte per questi bambini, in modo da evitare di avere poi adulti “troppo intelligenti, per essere felici”.

   

PrecedenteSchizofrenia
SuccessivoNuovi cibi e vecchie emozioni: che fine faranno i comfort food?