Gioco e resilienza. I bambini imparano meglio e sono più forti se si divertono

Gioco e resilienza. I bambini imparano meglio e sono più forti se si divertono

L’infanzia è anche chiamata età della formazione. Tutto nel bambino è plastico, la struttura corporea, le abilità cognitive, le competenze relazionali. Sono infinite le ricerche scientifiche che hanno studiato i fattori di crescita e salute nell’infanzia. E, a prescindere da quale sia il punto di partenza, a prescindere dal peso che possano avere determinanti innate o biologiche nello sviluppo, il peso dei fattori ambientali nella crescita è decisivo anche per lo sviluppo delle qualità che definiscono quel costrutto che va sotto il nome di resilienza: capacità di resistere alle avversità, abilità nel risolvere i problemi, autoregolazione emotiva, competenze nel trovare e mettere a disposizioni risorse nell’ambiente prossimo, stima di sé e una discreta dose di seduttività. Molte di queste variabili dipendono in prima istanza dal sistema di attaccamento, ovvero dalla qualità delle relazioni che il bambino intrattiene con le figure affettive di riferimento, in primis la madre, ma anche il padre e gli eventuali fratelli, i nonni, insomma tutte le persone coinvolte nelle azioni di accudimento.

Molte ricerche hanno mostrato che esperienze stressanti subite precocemente – come essere esposti a negligenza nelle cure, a un clima familiare violento o alla sofferenza mentale di un genitore – possono alterare l’architettura del cervello del bambino in crescita. Queste variazioni fisiologiche possono poi avere un’influenza su molteplici quadri patologici o disfunzionali dell’adulto, dall’abuso di sostanze, al diabete, alle cardiopatie, alla depressione.

Di contro, crescere in un ambiente supportivo e stimolante incide positivamente sulla salute psichica e fisica dell’individuo.

In questo panorama di riferimento, grande impulso stanno avendo le ricerche sul ruolo del gioco nel favorire lo sviluppo di abilità e competenze di resilienza. Il gioco è infatti uno dei primi comportamenti di interazione del bambino con il mondo esterno. È un linguaggio privilegiato attraverso cui il bambino impara a leggere gli altri e mette alla prova se stesso.

Il tempo che gli adulti dedicano a giocare con i propri figli, così come la percezione che i genitori hanno relativamente all’importanza delle attività ludiche nella crescita, sono fattori correlati positivamente con l’acquisizione di alcune abilità. Il legame tra gioco e apprendimento ha come base l’evidenza che il gioco mette in campo non soltanto la dimensione cognitiva dell’apprendere, ma anche (o soprattutto) la sua dimensione emotiva e relazionale. È dato acclarato che gli aspetti emotivi incidono tantissimo sulle modalità di processare l’esperienza e sugli output del processo stesso.

Apprendere attraverso il gioco dà la possibilità al bambino di compiere un’esperienza, e attraverso quell’esperienza integrare le proprie abilità a livelli sempre più raffinati. Il gioco è di per sé un’esperienza complessa, e simula con grande precisione la qualità sintetica dell’apprendimento nell’infanzia, coinvolgendo simultaneamente le funzioni cognitive, le dimensioni motorie e sensoriali, gli aspetti affettivi. Questo riguarda sia il gioco spontaneo che il gioco direzionato dagli adulti. Inoltre, il gioco ha il grandissimo vantaggio di essere un linguaggio transculturale, ovvero di subire, rispetto agli stimoli cognitivi, meno variazioni tra culture diverse.

Con queste premesse, stanno prendendo sempre più piede esperimenti di apprendimento attraverso il gioco negli ambienti naturali, come ad esempio gli asili o le classi elementari nei boschi. Oltre a quanto già detto sul valore intrinseco del giocare, il trasferimento di questa esperienza in contesti verdi conferma i risultati già dimostrati sui benefici del verde per gli adulti: essere a contatto con la natura migliora l’umore, aumenta la concentrazione, riduce lo stress. Incredibilmente, diminuisce anche la vulnerabilità ai raffreddori!

I primi riscontri che provengono da classi sperimentali in cui le lezioni sono svolte all’aperto, coinvolgendo i bambini in attività esperienziali dirette, mostrano un significativo aumento della concentrazione negli allievi e un minor ricorso ad azioni di richiamo o rimprovero da parte degli insegnanti.

Stare fuori e imparare attraverso il gioco sono poi esperienze intrinsecamente relazionali, e contribuiscono ad aumentare anche quelle dimensioni della resilienza che riguardano il contatto con gli altri: attitudine alla cooperazione, sensibilità al contesto, creatività.

È importante quindi che nel relazionarsi all’infanzia, sia nel progettare interventi di sviluppo che nel mettere a punto proposte di riabilitazione in caso di comportamenti disfunzionali, si tenga conto di questo strumento potentissimo che è il gioco. Uno strumento proprio a misura, di bambino.

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