Aggressive

Aggressive

“Se sono single è colpa mia, della mia aggressività. Per questo sono rimasta sola!”.  Mi propone questa nenia ciclicamente. L’assenza di un uomo nella vita come demerito personale, sventura e colpa.

L’assenza di un partner viene generalizzata e dilaga in un vissuto di solitudine capace di mettere in discussione anche le relazioni esistenti. Emma non è sola ma il vissuto di solitudine – sappiamo – non ha correlazione diretta con quanti amici ti chiamano il venerdì sera.

Pensare l’accompagnarsi ad un uomo come fine ultimo e senso stesso dell’esistenza femminile è una retorica patriarcale molto discussa e analizzata da chi si occupa di relazioni sociali e genere.

Ne abbiamo parlato anche qui in un contributo chiamato Zitella

Questa volta, ciò che mi ha colpito è il ricorso all’aggressività come bacino di ogni nefandezza.

Educata ed elegante, Emma si presenta come donna sottile, eterea. Questa compostezza piuttosto fuori dal comune, si accompagna – onor del vero accompagnava - a momenti di vera ferocia verso se stessa e gli altri.

Il valzer oscillante tra queste due posizioni è stato parte importante del nostro lavoro. Emma, come molte, è una donna addomesticata. Da bambina vestita come una caramella, si ricorda giocare nel parco controllata dagli occhi della madre. Da lontano le faceva segno di sorridere, di essere carina con i bambini, solo così avrebbe avuto degli amici.

L’educazione femminile è un’educazione al conformismo.

Frequentemente corrisponde a un addomesticamento emozionale. Dalle bambine e dalle donne ci si aspetta gentilezza e capacità di mediazione, grazia e dolcezza, risolutezza ma non troppa, altrimenti diventi acida e antipatica. 

Il 17 maggio su un noto quotidiano nazionale viene pubblicato un articolo sul tema denatalità. Alcune righe:

“Gli uomini oggi sono intimoriti della sempre più accentuata aggressività della donna. Già in inferiorità per essere dalla parte della domanda per motivi antropologici e culturali che sarebbe troppo lungo spiegare qui, gli uomini si trovano davanti ad una donna che oggi, invece di mascherarsi davanti al pudore per finto che fosse, si offre, cosa che castra anche l’antico, eterno e affascinante gioco della seduzione.”

Alcuni giorni dopo, in prima serata è andato in onda uno dei tanti dibattiti sull’attualità della politica italiana.

Un confronto duro tra due ospiti: da una parte la giurista Anna Falcone, dall’altra Massimo Magliaro della Fondazione Almirante. Il secondo articola un discorso invalidando quanto detto dalla sua interlocutrice. Questa, con toni polemici ed alzando la voce, ribatte sulla questione continuando ad insistere su quanto stesse sostenendo. Fin qui niente di nuovo. Se non fosse che Magliaro interviene così: “Lei è una prepotente. Col fatto che è una bella donna crede di poter dire tutto”.

Alle donne che hanno un’esposizione pubblica (ma non solo) e che prendono parola sulle questioni della contemporaneità (e non solo), viene richiesto di guadagnarsi questo diritto in qualche modo: se non ti stai esponendo in modo gradevole, questo diritto te lo sei accaparrato in quanto bella donna. Un uomo che dissente è coraggioso, una donna che dissente è rompiscatole e questo può interferire con la finalità ultima della riproduzione.

Chimamanda Ngozi Adichie, in un video che ha circolato molto sui social, disse: “Nel nostro mondo un uomo è sicuro di sé, una donna arrogante. Un uomo è senza compromessi, una donna rompicoglioni. Un uomo è assertivo, una donna aggressiva. Un uomo è stratega, una donna manipolatrice. Un uomo è un leader, una donna ha manie di controllo. Un uomo è autorevole, una donna è prepotente.”

Il doppio binario di cui parliamo - che interpreta la funzione maschile come razionale e orientata alla produzione e quella femminile come emozionale e orientata alla riproduzione - ha origini antiche ed ha assunto la forma strutturale del potere agito dentro le relazioni. Unica alternativa al potere agito è pensare le emozioni in rapporto ai contesti, e questa è una faccenda psicologica.

In tal senso, l’aggressività, dal latino adgredior - “avvicinarsi”, può essere ripensata nella sua valenza etimologica. Non solo andare contro ma anche andare verso. Litigare e confliggere hanno valenze sociali ed affettive differenti. La prima contro qualcuno, l’altra verso qualcosa. 

Reprimere il dissenso è una delle forme di esibizione di chi comanda. Un’educazione al pensiero democratico – come la psicoanalisi e molte psicoterapie - è anche un’educazione al conflitto, quello dentro e quello fuori. L’alternativa è vivere per non fare dispiacere il potere.


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