Apriamo la coppia?

Apriamo la coppia?

Una paziente racconta una conversazione con le amiche al bar. È lei la protagonista e mette a parte il gruppo di una scoperta. Utilizza da tempo il vecchio telefono del marito. Alcuni giorni prima, tra le note archiviate della memoria telefonica, spunta fuori una conversazione tra il marito e una loro conoscente. In questa conversazione lui tenta di organizzare un incontro, la lusinga, la invita ad aperitivi. Un tentativo di flirt al quale la conoscente risponde simpaticamente, accetta anche, ma senza troppa audacia. Chi racconta si sente tradita e afferma che – fosse stato per lui – ci sarebbe stato ben più di un aperitivo. L’amica 1 dice che, senza sesso non è tradimento. L’amica 2 concorda ed è ancora più radicale, nella sua vita ha tradito e crede che, anche se c’è del sesso, si può soprassedere, alle volte sono solo sbandate. L’amica 3 è categorica: si tradisce con le intenzioni, e propone la linea dura.

Questa conversazione riproduce una piccola porzione degli infiniti modi in cui si approccia alla questione tradimento trattandolo come un fatto, un pezzo di realtà da misurare e catalogare. Ci impegniamo a definire il cut off materiale prima del quale siamo al sicuro e oltre il quale sunt leones.

Hic sunt leones

Ma “hic” – esattamente - dove si trova? Prima o dopo lo scambio del numero di telefono? Prima o dopo il corpo? È una strada che finisce nel nulla, o, al massimo, in una chiacchiera al bar tra amiche.

Se provassimo a fare quell’esercizio acrobatico di staccarci da terra e trattare il tradimento come emozione, forse potremmo capire meglio di quale fenomeno parliamo – da un punto di vista culturale e psicodinamico - e di quale configurazione sociale si tratti.

Il tradimento è un fenomeno delle relazioni, non necessariamente amorose. Ci si sente traditi o si tradisce la fiducia di un genitore, la patria, un partner, un amico, un’appartenenza formativa, un gruppo di lavoro, un gruppo politico.

Il verbo tradire, dal latino tradĕre «consegnare», attraverso il significato di «consegnare ai nemici», fa riferimento al Vangelo di Luca che nomina Giuda traditore proprio perché consegna Gesù ai nemici.

Pensare il tradimento come “consegna al nemico” fa apparire immediatamente l’immagine di un triangolo. In principio ci sono due, l’uno perso nell’altro. Poi arriva un terzo al quale ci si consegna o si consegna qualcosa. La presenza di questa presenza terza inizialmente è solo estranea, solo dopo viene vissuta come nemica. Questo fuori che entra nella coppia fa fallire qualcosa che poteva esistere – apparentemente – solo nell’esclusività della relazione amorosa. Esclusività, ma anche esclusione del mondo esterno.

Al cuor non si comanda

Io sono tuo, tu sei mia, ti mangerei, non vivo senza te, questa è l’estetica dell’amore al quale “non si comanda” e che ti impone di comandare per non rimanerne soggiogato.

Diversi anni fa, il mio analista definì il mio compagno dell’epoca e me dei ferventi cattolici, religiosi e praticanti. Mi fece ridere ma c’era poco da ridere. Mi torna in mente ora questa evocazione religiosa proprio in rapporto all’etimologia della parola tradimento. Il monoteismo amoroso di cui parliamo non è molto diverso dall’emozione alla base della fede monoteistica – “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Parliamo di relazioni in cui ciò che tiene insieme è il vincolo dell’esclusività del possesso reciproco. È vero, possedersi sa essere un’esperienza apparentemente gratificante perché offre l’illusoria garanzia di futuro e di rapporto. Ma quando le relazioni non veleggiano verso quel posto pericoloso che è rappresentato dalla relazione con un altro, proprio lì dove sono i leoni ,quelle relazioni assumeranno caratteri mortiferi, noiosi e ripetitivi.

Nino è un uomo di trentasette anni e viene da me perché non riesce a smettere di tradire. Lui ama la sua compagna ma non riesce più a fare l’amore con lei. Ha una vita segreta e parallela fatta di incontri, sexting, amiche speciali con cui si scrive. Tutto funziona salvo quel fastidioso sentimento di colpa. Mi sono domandata se fosse venuto a confessarsi. Gliel’ho anche chiesto. Mi sono domandata perché pensava fosse opportuno smettere di tradire, e ho chiesto anche questo. Conoscendoci, Nino ed io abbiamo avuto modo di capire come questi tradimenti fossero gli unici momenti in cui lui si sentisse pienamente in sé, libero (di cosa? da chi?) e soddisfatto.

Nino, in coppia, nel contesto lavorativo, così come in famiglia, si sente posseduto e libero solo di galleggiare in un mare dove correnti e venti non sono governate da lui. Nelle sue scappatelle Nino possiede e torna più vigoroso – e virile - alla routine quotidiana. Non appena l’assenza della colpa ha consentito una più libera esplorazione, all’euforia del non sentirsi più cattivo è seguita una profonda tristezza.

C’è un’alternativa alla vita bidimensionale del possedere o dell’essere posseduti?

Allora apriamo la coppia?

La strada della condivisione, quel cercare condizioni di gratificazione comune, è una strada impervia e faticosa. Nella contemporaneità stiamo cercando di trattare la questione. Come poter stare insieme senza che il legame diventi un legaccio? Oggi si parla più diffusamente – e fortunatamente - di diverse organizzazioni di rapporto affettivo (penso alle relazioni poliamorose o in generale alle non monogamie etiche), ma siamo sicuri che è nella struttura delle relazioni che risiede la soluzione al possesso? Nella mia esperienza di lavoro con le coppie ho avuto modo di assistere a dinamiche di controllo e possesso indistintamente che si trattasse di coppie monogame o non monogame. Si può decidere di “aprire la coppia” proprio per sfuggire all’ingranaggio malefico del tradimento, trascurando però che qualunque relazione può essere fondata sul possesso, anche quelle non monogame. In quel caso il processo sarà destinato a fallire.  È anche vero che la cultura del possesso nei rapporti – dunque la violenza che ne è manifestazione – è per lo più presente nelle relazioni monogame ed eterosessuali. Insomma, siamo alla ricerca e la questione, come le altre di cui ci occupiamo qui, non è mai chiusa.

SuccessivoIstrione