Amore e conoscenza

Amore e conoscenza

Tra le possibilità più temute da un terapeuta c’è l’agire le emozioni nella relazione clinica. Cosa vuol dire? Portare la propria emozionalità dentro il rapporto con il paziente senza che questa sia pensata. Il più classico degli agiti emozionali è - per intenderci, ma non bisogna arrivare a quel punto per incorrere nel fallimento del lavoro – l’agito sessuale o violento che, per molti versi, corrispondono.

Per questa ragione, l’alternativa che sovente viene adottata è un controllo rigido delle proprie emozioni e della propria implicazione, lo psicoanalista specchio si diceva una volta, che indossa una presunta neutralità restituendo al paziente la sua – dell’altro – emozionalità. Capite bene come mai si sia creata negli anni l’immagine caricaturale degli analisti supponenti, cinici, muti, noiosi, se non proprio dormienti. La relazione clinica è – invece - una relazione d’amore e lo scrivo senza imbarazzi. La cultura dell’amore romantico lega indissolubilmente questa esperienza alla sessualità al possesso, sovrapponendolo confusamente all’esperienza dell’attrazione, ma con essa non c’entra nulla.

perché non si parla di amore

Mi dà l’occasione di ripensare all’amore l’incontro avuto con Eliana.

Si è presentata in studio con un girasole. È il nostro ultimo incontro, l’ultimo dopo un lungo lavoro di analisi. Gli ultimi incontri, alle volte ce lo si dimentica, sono ultimi incontri per entrambi, paziente e terapeuta. Abbiamo attraversato una parte considerevole della nostra vita incontrandoci tutte le settimane. Ho conosciuto le molte fasi del suo sviluppo, ma anche lei del mio, in modo differente di certo, ma non meno significativo.

Durante il colloquio, furtiva, tira fuori dalla borsa un pacchetto con dentro un libro. Un regalo, o forse il suo modo per congedarsi nominando il senso per lei del nostro lavoro. Su di una copertina rossa il titolo “All about love” dell’autrice bell hooks.

Come dice proprio bell hooks nelle prime pagine “Nella nostra cultura, le discussioni pubbliche sull’amore sono piuttosto rare”, lasciamo fare questo lavoro alla cultura pop che ostinatamente e fortunatamente continua a provarci. E di questo si è parlato nel lavoro con Eliana: amore filiale, amore per il proprio lavoro, amore per un partner, amore nella relazione terapeutica.

attrazione non è amore

Abbiamo lavorato faticosamente alla differenza tra la volontà di conquistare e il desiderio di amare.

Nel primo caso, ci impegniamo nell’esibizione della nostra forza, di ciò che ci piace di noi, delle nostre presunte qualità; è nella conquista che cerchiamo la rassicurazione della nostra capacità di attrarre, cerchiamo conferma di ciò che presumiamo di sapere di noi e delle nostre possibilità. Eliana per molto tempo ha creduto di essere speciale, ma la vita continuava a fare fallire questa pretesa. Abbiamo attraversato la ferita di questo fallimento quando si manifestava nel lavoro, in amore, o in famiglia. Tinta predominante dei colloqui: il vittimismo. Pensarlo come modo per continuare a sentirsi speciale è stato un lavoro complesso ma che ha dato i suoi frutti.

Differentemente, nell’esperienza dell’amore si tenta di comunicare a partire dalle proprie fragilità, fiduciosi che lo spazio della relazione sappia contenere l’angoscia del sentirsi solo e confuso di fronte alla perdita di quelle certezze consolidate nel tempo. Accettare di non essere speciale - né brutta né bella, né geniale né idiota –, accettare di rinunciare a questo binarismo categoriale buono/cattivo è stato la premessa per perdersi in quello spazio di possibilità che offre la conoscenza quando si rinuncia al conformismo del senso comune.

Concludo con una citazione di un articolo che ho molto amato scritto da una persona che ho molto amato. L’articolo è presente nella Rivista di Psicologia Clinica ed il suo autore è Renzo Carli, psicoanalista.

“Ebbene, nell’amore e nella conoscenza che attraversa necessariamente l’esperienza amorosa, queste categorie “usuali”, le categorie del buon senso e del conformismo, vengono sconfermate e confuse. Dalla confusione categoriale emergono, a volte provvisoriamente o fugacemente, frammenti di conoscenza inaspettata, riorganizzazioni di sé e dell’altro/a innovative, capaci di stupire, componenti della relazione ironiche, capaci di far sorridere entrambi. (…) L’amore si pone al polo opposto del sentirsi attratti. Penso che senza amare non si può fare psicoterapia”.

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