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Lara racconta una storia pesante di bullismo di cui è stata vittima in prima media: un gruppo di ragazzine e ragazzini di poco più grandi l’ha presa di mira per via della sua aria svagata e ingenua, perché era molto sovrappeso ed estremamente introversa, perché si vestiva senza seguire la moda. Per sei mesi è stata sottoposta a comportamenti persecutori e crudeli: l’hanno costretta a fumare, l’hanno costretta a spogliarsi, l’hanno costretta a mangiare rifiuti. Senza mai essere stata fisicamente toccata, ha subito ferite psichiche talmente profonde che ancora non riesce a parlarne senza smarrirsi.
Ancora oggi dice che era impossibile ribellarsi: si sentiva completamente soverchiata da minacce che le aprivano scenari immaginari affettivamente più insostenibili del farsi denigrare senza pietà. Se ci pensa adesso sa che le minacce con cui la tenevano in scacco erano di fumo, ma allora le sembravano estremamente reali ed avrebbe fatto di tutto pur di non essere esposta a livelli ancora più estesi di imbarazzo. Perché questo le si configurava: se non avesse accondisceso alle imposizioni dei suoi persecutori loro l'avrebbero ridicolizzata davanti agli altri e la fantasia di questo scenario le era più insopportabile dell’umiliazione. Finché non esce fuori, posso resistere - pensava.
Per sei mesi Lara ha taciuto e sopportato, diventando sempre più irraggiungibile alle persone che aveva accanto, chiusa e avvitata in un segreto congelato. Poi un giorno è svenuta in classe. E poi ancora una volta ed ancora. Gli insegnanti e i genitori si sono insospettiti, hanno insistito perché lei si aprisse, ma lei aveva troppa paura di ritorsioni.
Dopo più di 10 svenimenti e sentendosi sempre più accerchiata si è confidata con un’amica, che non ha mantenuto il patto di segretezza e ha portato i fatti allo scoperto.
Lara ha cambiato scuola, è andata da una psicologa e ha fatto un lungo percorso, con molte tappe, per ricucire il senso di quell’esperienza. E ancora oggi le capita di tornare lì, a quell’impotenza radicale, al sospetto di non valere niente, alla paura di perdere le cose a cui tiene. Le capita di sentire la vergogna, la solitudine di non poter condividere le emozioni che la coinvolgono, l’incubo di essere alla mercè dei giudizi degli altri.
Il potere del bullismo è soprattutto questo: la vittima perde la capacità di stare dalla propria parte, di contrapporsi all’altro per il proprio bene. Diventa un terreno di devastazione emotiva. L’universo che i persecutori progressivamente creano con le violenze e le minacce diventa un luogo senza vie di accesso, e la vergogna diventa per la vittima il sentimento carnefice, la luce sempre accesa.
Ancora di più nella versione cyber del bullismo - in cui il potere di coercizione è moltiplicato dalla pervasività e spesso dall’anonimato del mezzo - la vittima viene costretta a vivere in una realtà parallela, segreta, angosciante, senza speranza.
Al centro del meccanismo del bullismo è l’operazione di punire l’altro per la sua specificità, per le sue caratteristiche non omologate al gruppo predominante. Ma l’obiettivo non è mai integrare, portare l’altro a sé. L’obiettivo è ridurne la vitalità, distruggerne l’individualità.
Come risorsa essenziale contro questo tipo di violenza sociale c’è l’educazione: informare e formare ai valori della condivisione, dell’accettazione e della valorizzazione dell’altro e anche delle parti più fragili di se stessi. Perché anche qui siamo di fronte ad uno specchio distorto: aggrediamo nell’altro quello che ci è insopportabile in noi stessi.
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