Cronicizzazione di codici e linguaggio dell’emergenza

Cosa ci attira del linguaggio dell’emergenza? Con quali finalità viene utilizzato dai media?

Siamo esposti a linguaggi tipici delle emergenze, delle stragi, dei delitti efferati, delle calamità. E lo siamo da nove mesi e non si sa per quanto ancora. Nei telegiornali, i collegamenti con le città più colpite dalla pandemia sono identici a quelli degli scenari di guerra. Qualsiasi giornale, radio, programma di informazione, ci tiene con il fiato sospeso con la conta dei contagi, della pressione sul sistema sanitario, dei rischi per il futuro.

Il linguaggio, come codice di significazione del reale, può contribuire a esasperare o cronicizzare alcune dimensioni affettive di iperattivazione, ansia, angoscia. 

Perché siamo attirati dal linguaggio dell’allarme? Quali collusioni affettive si compiono tra chi comunica con i toni della crisi e chi li ascolta? E’ possibile che seguire febbrilmente le notizie sulla diffusione del virus offra un’ancora paradossale rispetto all’angoscia dell’incontrollabile?