“Astenersi misogini, egocentrici, principesse, traumatizzati e manipolatori narcisisti”
Sopra potete leggere una bio che si può trovare su Tinder, l'app per gli incontri amorosi più famosa del mondo.
E’ interessante che nel mondo simbolico di alcune persone, traumatizzati e manipolatori narcisisti rientrino nello stesso insieme. Come vedremo più avanti, non è del tutto scorretto, anche se proporremo qui una visione più comprensiva e meno aggressiva di quanto traspare dalla bio della persona sopra citata.
Altro aspetto interessante è che ormai manipolatore e narcisista sono considerati dal senso comune come sinonimi. Non solo non è sempre stato così, ma soprattutto questa immediata associazione fra i due termini, se non del tutto fallace, è quantomeno riduttiva.
La manipolazione, infatti, è un comportamento trasversale, non è identificativo di una sola categoria di persone. In secondo luogo, il narcisismo è un concetto molto ampio, non necessariamente “patologico”, certamente un costrutto che ha una sua utilità clinica, se però legato al contesto di vita e ai significati che vi associamo.
Il concetto di narcisismo si deve a Freud, quando pubblicò, nel 1914, Introduzione al Narcisismo, definendolo come "completamento libidico dell'egoismo della pulsione di autoconservazione dell'uomo", non dunque come una perversione, ma come un carattere appartenente in maniera diversa a tutti gli uomini.
Il narcisismo, dunque, è un carattere universale, che si forma già nella primissima infanzia e che ha uno scopo evolutivo. Nella visione di Freud, il concetto di libido riguardava principalmente l’ambito psico-sessuale. Saranno altri psicoanalisti più tardi, come André Green, ad approfondire ulteriormente il narcisismo: esso rappresenterebbe un sovra-investimento libidico su sé stessi, intendendo per libido non solo la “pulsione sessuale”, ma ogni investimento energetico, anche quello aggressivo.
Non entreremo qui nel dettaglio della trattazione psicoanalitica del narcisismo. Ci interessa, tuttavia, recuperare quanto già raccontato nel precedente articolo sulla dipendenza affettiva. Oggi manipolatore narcisista e dipendente affettivo vengono raccontati dal senso comune e da certa psicologia come modelli irriducibili fra loro, ma complementari. Narcisisti e dipendenti si incontrano, uno (il narcisista) distrugge la psiche dell’altro (il dipendente), in un rapporto di sopraffazione, abuso e manipolazione distruttivo.
Raramente narcisismo e dipendenza vengono descritte come categorie che riguardano la relazione della coppia amorosa e non solo; ancor più raramente vengono descritte come componenti di cui entrambi i partner in coppia sono partecipi. Dipendenza e narcisismo non sono proprietà esclusive di un unico partner, quanto caratteristiche e vissuti che entrambi i partner mettono in relazione fra loro, in un gioco affettivo che ha continue oscillazioni di posizione.
L’aspetto più interessante è che questa visione relazionale e mutuale era già stata ampiamente compresa dagli antichi Greci che per primi raccontarono il mito di Narciso e che per Freud divenne modello di riferimento per la sua elaborazione del narcisismo.
Proviamo, dunque, a recuperare quell’antico e straordinario mito.
Nella vulgata popolare, del mito di Narciso si ricorda solo la seconda parte, quando il giovane, bellissimo e affascinante, si specchia nella fonte, osserva il suo stesso riflesso e se ne innamora, fino a struggersi e morire per l'impossibilità di congiungersi con quella figura in cui si è definitivamente perduto.
Partiamo, però, dall’inizio. Narciso è figlio della ninfa Liriope e del dio-fiume Cefiso. Liriope, come tutte le ninfe, è bellissima e sensuale e decide di fare un bagno nelle acque del Cefiso. Cefiso, in un ratto ingannevole, avvolge Liriope fra le sue onde:
“Lirìope, che Cefiso un giorno aveva spinto in un'ansa della sua corrente, imprigionato fra le onde e violentato. Rimasta incinta, la bellissima ninfa partorì un bambino che sin dalla nascita suscitava amore, e lo chiamò Narciso”.
Il primo aspetto da considerare è che Narciso è figlio di uno stupro. E’ dunque figlio di un rapporto che non si fonda sull’incontro, sulla costruzione di una relazione, sullo scambio volontario tra due amanti. E’ un primo indizio - oggi diremmo di valenza intergenerazionale - per comprendere la psiche di Narciso. Nato da un rapporto senza relazione, Narciso cresce nell’incapacità di comprendere le relazioni con l’altro.
Per Narciso esiste solo il proprio Ego. La sua bellezza lo porta a circondarsi di numerosi adulatori, uomini e donne, che s’innamorano di lui. Per Narciso, però, l’amore non ha alcuna rilevanza, o meglio, non ha alcun significato psichico. La sua mente si forma attorno ad una mancanza, il rapporto di scambio con un altro diverso da sé.
Narciso, come detto, è sempre circondato da compagni di caccia. La sua attività preferita, infatti, è cacciare (e anche qui, spostandoci sul piano simbolico, vediamo un’altra caratteristica peculiare della sua psiche). Narciso deve cacciare per poter gratificare costantemente il suo Ego. E’ sempre alla ricerca di qualcosa, ma senza fini relazionali.
Un giorno, tuttavia, Narciso si perde fra i boschi e resta solo, lontano dalla corte che lo accompagna. Nel mito, Narciso è per la prima volta “smarrito”. Nonostante tutto sia volto alla gratificazione di sé, senza quel corteo di adulatori, Narciso è perso, non sa orientarsi, non sa in fondo nemmeno chi sia.
Narciso, in altre parole, dipende disperatamente dagli altri, nonostante li rifiuti. La dipendenza non è l’oggetto da aggredire e manipolare, ma è la sua stessa condanna.
Mentre è perso fra i boschi, la ninfa Eco lo intravede e sente che finalmente è arrivata la sua occasione. Eco è un mito nel mito:
“Eco che ripete i suoni. Allora aveva un corpo, non era voce soltanto; ma come ora, benché loquace, non diversamente usava la sua bocca, riuscendo a rimandare di molte parole soltanto le ultime. Questo si doveva a Giunone, perché tutte le volte che avrebbe potuto sorprendere sui monti le ninfe stese in braccio a Giove, quella astutamente la tratteneva con lunghi discorsi per dar modo alle ninfe di fuggire. Quando la figlia di Saturno se ne accorse: «Di questa lingua che mi ha ingannato», disse, «potrai disporre solo in parte: ridottissimo sarà l'uso che tu potrai farne». E coi fatti confermò le minacce: solo a fine di un discorso Eco duplica i suoni ripetendo le parole che ha udito”.
Eco è una ninfa che sull’arte della parola aveva costruito assieme il suo successo e il suo fallimento. La loquacità della ninfa aveva permesso a Zeus di distogliere l’attenzione della moglie Giunone durante le sue scappatelle amorose. Quando Giunone se ne accorge, però, per Eco arriva la dura condanna: non solo non potrà mai più avviare un discorso, ma sarà costretta in eterno a ripetere solo le ultime parole del discorso altrui.
Eco è innamorata di Narciso da tempo. Lo ha seguito tante volte nelle sue battute di caccia, in disparte, osservandolo di soppiatto. Ora che Narciso è smarrito nel bosco, può finalmente avvicinarlo, ma può farlo solo entro i limiti che le sono permessi:
“Per caso il fanciullo, separatosi dai suoi fedeli compagni, aveva urlato: «C'è qualcuno?» ed Eco: «Qualcuno» risponde. Stupito, lui cerca con gli occhi in tutti i luoghi, grida a gran voce: «Vieni!»; e lei chiama chi l'ha chiamata. Lui intorno si guarda, ma non si mostra nessuno. «Perché», chiede, «mi sfuggi?», e quante parole dice altrettante ne ottiene in risposta. Insiste e, ingannato dal rimbalzare della voce: «Qui riuniamoci!» esclama, ed Eco che a nessun invito mai risponderebbe più volentieri: «Uniamoci!» ripete. E decisa a far quel che dice, uscendo dal bosco, gli viene incontro per gettargli, come sogna, le braccia al collo”.
Prima di approfondire questo brano, anticipiamo la successione degli eventi. Quando Eco si lancia al collo di Narciso, lui la rifiuta sdegnosamente. Eco, distrutta dal rifiuto, deperisce sino a perdere il suo corpo, che infine si trasforma in pietra. Di lei resterà solo la voce, l’eco che ripete in eterno le parole dette da altri.
Narciso, per il suo rifiuto, sarà punito dagli Dei. S’innamorerà di sé stesso e vivrà la stessa sofferenza di Eco, incapace di entrare in rapporto con un altro-da-sé, ma allo stesso tempo incapace di possedere sé stesso riflesso nelle acque.
La condanna di Narciso è la condanna della negazione. Come da sempre gli era negata la possibilità di entrare in rapporto con gli altri, ora gli è negata la possibilità di amare, perché quell’amore non è rivolto a un “oggetto” separato, ma è rivolto solo al Sé. Un Sé che - fittiziamente rappresentato come altro da Sé nell’immagine riflessa - è impossibile da incontrare, da possedere, da conquistare.
Soffermiamoci, però, anche su Eco. E’ difficile ammetterlo per chi sposa l’idea che il dipendente affettivo sia una vittima inconsapevole della brutalità altrui.
Eco, spinta dal suo amore mai condiviso con Narciso, nei fatti manipola il bel giovane. Ripetendo solo l’ultima frase delle parole di Narciso - in un bellissimo gioco letterario che nella versione greca si comprende ancora meglio - Eco pronuncia le parole che vorrebbe sentirsi dire. La ninfa trasforma le domande di Narciso in prove d’amore.
Se Narciso dice “qui riuniamoci!”, per poter vedere chi sta parlando e dunque capire dove si trovi e chi si stia nascondendo alla sua vista, Eco, rispondendo “Uniamoci!”, trasfigura il senso del linguaggio, mutandolo in linguaggio d’amore. Uniamoci come invito a fondersi e ad amarsi, in un incontro di desideri che nella testa di Eco è già avvenuto da tempo, ma che nella mente di Narciso non è mai esistito.
Eco non ha alcuna intenzione di ascoltare e capire Narciso. Non è nemmeno in grado di comprendere che per Narciso “unirsi in una relazione” non è concepibile a livello psichico.
Dunque Eco, la “dipendente affettiva” per eccellenza, colei che si annulla fino a perdere la sua corporeità per il bisogno di essere amata da Narciso, sembra essere completamente avvinta dalle sue fantasie narcisistiche e di gratificazione dei propri desideri, senza alcuno scambio con l’altro, in un gioco di proiezioni illusorio e struggente.
Il mito di Narciso è terribilmente attuale. Rileggendolo oggi, siamo ancora sicuri che la scissione fra narcisista manipolatore e dipendente affettivo sia così netta?