Ormai è passata una settimana dal Capodanno e sui social, da diversi giorni, i più sardonici chiedono amaramente se i buoni propositi per il nuovo anno si siano effettivamente realizzati, giocando un po’ sull’urgenza, ma soprattutto su l'illusorietà di certi auguri.
Allo stesso modo in cui giochiamo con l’oroscopo, pensare che il nuovo anno ci porti automaticamente un cambiamento allo scoccare della mezzanotte ci fa sorridere, eppure una parte di noi lo spera sempre. Cambiare il calendario non è soltanto una questione numerica. In una sorta di rito di purificazione reiterato ciclicamente, l’anno appena cominciato ci seduce come i vecchi spot dei detersivi, in grado far tornare i capi lisi e unti “come nuovi”.
Anno nuovo, vita nuova. La novità non sta nell’incontro di eventi inattesi, ma nella fantasia di tornare alle origini, cioè di essere rigenerati. Ogni macchia viene lavata via e possiamo ripartire come una tabula rasa, approdando a nuove terre come fece Colombo, o radendo al suolo i vecchi usi, come nella più roboante delle invasioni barbariche.
I riferimenti a Colombo ed ai barbari non sono casuali. Torniamo un attimo sui banchi di scuola. Niente paura, non sarete interrogati (forse).
Anche se da studenti abbiamo odiato la Storia, tutti ci ricordiamo la sua suddivisione in epoche: la preistoria, l’età classica, il medioevo, l’età moderna e quella contemporanea, cioè quella che viviamo tuttora.
Se il passaggio dalla preistoria alla storia della grandi civiltà ci appare lampante per lo sviluppo di ciò che ci ha resi quello che siamo (la scrittura, l’agricoltura, la religione, la matematica, la stratificazione sociale), le altre epoche sono segnate da passaggi che tendiamo a percepire come repentini, improvvisi, dal giorno alla notte.
Così l’epoca classica finisce con le invasioni barbariche ed il crollo dell’Impero romano, dando vita ad una nuova era, quella medievale, a sua volta spazzata via dalla scoperta delle Americhe da parte di Colombo. L’età moderna si apre con l’ampliamento dello spazio geografico ed il Nuovo Mondo produce un uomo nuovo e dunque una nuova fase storica. Tale fase, infine, termina con il crollo dell'ancien régime (guarda caso ancien) grazie ad una rivoluzione, quella francese, che apre all’ascesa della borghesia e all’industrializzazione.
Il breve ripasso manualistico è interessante soprattutto per scoprire che oggi nessuno storico che si rispetti trova sensata questa suddivisione arbitraria. I rapporti fra Impero e popolazioni barbariche erano precedenti al crollo di Roma e la società dell’Alto Medioevo (quella di Carlo Magno) era molto più vicina all’età classica che a quella del Basso Medioevo (l’epoca di Dante), a sua volta non troppo differente da quella Moderna (seicentesca e settecentesca). La Rivoluzione francese, poi, fu l’esito più che la fine dell’antico regime.
Per farla breve, oggi gli storici sanno bene che i passaggi epocali non sono solo una falsificazione storiografica, ma soprattutto un’illusione culturale.
Il motivo per cui tali passaggi sono stati “costruiti” in letteratura è lo stesso per il quale ogni Capodanno ci illudiamo che ne usciremo rigenerati. E’ un moto inconscio, una fantasia radicata nei rapporti sociali, che fonda la distinzione fra vecchio e nuovo su cesure nette e improvvise, piuttosto che su una continuità che porta sempre con sé un’evoluzione, ma con tempi lenti, di cui non sono visibili da subito le modifiche essenziali.
In fondo, se ci pensate bene, è la stessa fantasia con la quale una persona si rivolge ad uno psicologo. Andare da uno psicologo è una richiesta di cambiamento, che però - almeno nelle prime sedute - è accompagnata da un’attesa magica. Soltanto con il passare degli incontri ci si accorge che il lavoro terapeutico è faticoso, più o meno dilatato, spesso invisibile per diverso tempo, prima che si intraveda il cambiamento agognato.
Così, dovremo aspettare Marzo per ricordarci di essere gli stessi dell’anno scorso, anche se qualcosa si smuove, ma andrà coltivato a lungo e con impegno. Tutto ciò richiede una perdita, quella della fantasia magica che tutto possa trasformarsi dopo la mezzanotte, come nelle fiabe.
Abbandonando questa illusione, il passaggio al nuovo anno non segnerà più la rottura fragorosa fra il passato ed il futuro, fra chi eravamo e chi speriamo di diventare. E’ piuttosto un confine simbolico, un limite per dare senso alla continuità dei nostri progetti, dei nostri desideri e del nostro Sé.