Complottismo

Complottismo

La prima volta che sentii parlare di teorie del complotto fu in occasione dell’attentato alle Torri Gemelle. La Nazione con il sistema difensivo più avanzato del pianeta era stata subdolamente raggirata, mostrando tutte le sue fragilità, e il mondo poteva guardare attonito in diretta televisiva la catastrofe. Le armi utilizzate per attaccare i simboli del potere americano erano aerei di linea civili e con il crollo delle torri crollavano anche le sicurezze della popolazione mondiale.

Uno spettro cominciò ad aggirarsi nelle coscienze delle persone: la minaccia poteva arrivare in qualsiasi momento e non era possibile prevederla.

Al terrore evocato dal senso di impotenza di fronte alla strage, alcuni risposero restituendo al Potere la sua pervasività. Non era possibile che gli Stati Uniti fossero così fragili. Molto più sensato pensare che avessero organizzato in prima persona la strage per poter raggiungere i propri fini. Per dimostrarlo, i complottisti misero in campo sofisticate interpretazioni e valutazioni razionali, con tanto di equazioni matematiche per misurare la velocità di crollo di un grattacielo e dimostrare che tutto era stato manovrato sin da principio.

L’aspetto più interessante del cospirazionismo è l’attribuzione a quello stesso Potere che si vuole svelare, una capacità di azione e di controllo onnipotente che lo avvicina al divino. Raffaele Alberto Ventura, nel suo ultimo libro “La guerra di tutti”, paragona il pensiero complottista allo gnosticismo, che si fonda su due principi: la sovradeterminazione paranoica e la negazione della realtà materiale. Per gli gnostici il mondo materiale era un’apparenza volta solo ad ingannare la coscienza, forgiata da una divinità malvagia, il Demiurgo, che nasconde il mondo reale, a cui è possibile accedere solo attraverso uno sforzo intellettuale e spirituale: la gnosi. Tutti i segnali che riceviamo dal mondo apparente sono intrecciati fra loro, a rivelare la presenza di una cospirazione contro la Verità.

I complottisti sostituiscono il Demiurgo, il grande tessitore, con le diverse declinazioni del potere (Bilderberg, Trilaterale, Priorato di Sion, ecc.), mettendo in discussione la veridicità della realtà così come ci appare e soprattutto così come ci viene raccontata a livello mediatico (negazione della realtà materiale). E’ possibile rintracciare ovunque i segni del Grande Complotto, dalle scie chimiche all’inquinamento atmosferico, dal terrorismo fino al coronavirus (sovradeterminazione paranoica).

Una delle versioni più in voga del cospirazionismo durante la pandemia, ci raccontava del coronavirus come un male diffuso capillarmente dai potenti della Terra per controllarci, sviare la nostra attenzione, recluderci per infine operare indisturbati nel perseguire il proprio profitto.

Così si sono diffuse, nonostante le smentite autorevoli, le teorie più disparate. Il virus come prodotto di laboratorio per controllare la popolazione, l’Italia messa in quarantena per volontà degli altri Stati interessati a farne crollare l’economia, fino al legame fantasioso fra la pandemia e la tecnologia 5G.
Il presupposto del pensiero complottista è che esista un’entità razionale superiore che tutto governa e che tale entità possa essere rivelata tramite la razionalizzazione di ciò che non comprendiamo. Così nei gruppi Facebook vi fu un proliferare di ipotesi su come le onde elettromagnetiche del 5G avrebbero influenzato il nostro sistema immunitario, permettendo al virus di propagarsi fra la popolazione.

Wilfred Bion diceva che “la ragione è schiava dell’emozione ed esiste per razionalizzare l’esperienza emotiva”. La pandemia del coronavirus è nata e si è diffusa improvvisamente, in modo incontrollato, rivelando la fragilità del nostro sistema sanitario e le ancora limitate capacità della società di intervenire tempestivamente per contrastarla.

Vediamo oggi quali emozioni e paure eventi incontrollabili siano in grado di evocare. Fra queste l’angoscia di morte, che non è solo paura di morire, ma è il terrore evocato da ciò che è ignoto, l’orrore nichilista della perdita del senso con cui ordiniamo il mondo ed i rapporti sociali.

Da diverso tempo gli studiosi si interrogano su quali possano essere le motivazioni che portano all’origine di una teoria del complotto. L’aspetto più rilevante è che tali teorie hanno una loro coerenza interna, per quanto siano fondate su alcuni salti logici che non trovano riscontro nell’analisi scientifica (elemento che distingue le Teorie del Complotto da quella che un tempo era chiamata contro-informazione, che invece utilizzava l’analisi scientifica e categorie interpretative socio-economiche solide per rivelare il coinvolgimento di un potere dietro avvenimenti oscuri).

Come ormai risulta abbastanza chiaro, le smentite ufficiali non inficiano le credenze dei cospirazionisti, anzi spesso sono controproducenti. D’altronde è facile comprenderne il motivo, che è di doppia natura:

  • il debunking si pone sullo stesso piano razionalista cui il complottista attinge. Cerca di “smontare” la coerenza interna delle tesi cospirazioniste attraverso il ricorso a dati tecnici, analisi logiche e prove fornite da autorità competenti e riconosciute dalla comunità scientifica.

  • il debunker stesso appartiene a quella "realtà ingannevole" che il complottista combatte. Quando si fa portavoce della Scienza o del potere politico, è percepito come parte integrante del complotto. Le sue smentite alimentano il vissuto del complottista, anziché limitarlo.

Ciò che è carente nel processo di debunking è il riconoscimento che le tesi del cospirazionismo si fondano sul meccanismo di difesa della razionalizzazione, che fornisce spiegazioni “logiche” di fronte a comportamenti o fenomeni irrazionali che hanno una forte carica emozionale, che è per il soggetto inaccettabile o angosciosa. Allora, per contrastare la diffusione del complottismo, più che continuare ad operare su un piano logico-razionale, bisognerebbe approfondire i moventi emozionali e psicologici che portano all’accettazione delle pseudo-spiegazioni cospirazioniste.

Alcune ricerche hanno approfondito quali sono i bisogni emozionali cui il complottismo risponde. Il desiderio di sentirsi speciali e unici, ad esempio, cioè la fantasia di avere accesso ad informazioni segrete e riservate (“non ce lo dicono”) che permette di gratificare il bisogno narcisistico di sentirsi superiori rispetto alla massa.

Gli aspetti emozionali che, tuttavia, appaiono più rilevanti sono il bisogno di certezze ed il senso di impotenza, entrambi aspetti potentemente evocati da tutte le catastrofi naturali o condotte da mano umana che sfuggono ai consueti meccanismi di controllo.

La condizione di incertezza nella quale molti eventi sociali (guerre, pandemie, attentati, etc.) ci costringono a stare e il senso di impotenza che origina da tragedie che apparentemente sembrano prive di logica, imprevedibili e incontrollate, favoriscono l’adesione alle spiegazioni complottiste. L’idea di un complotto, infatti, riporta sotto controllo l’angoscia di morte, conferendo nuovamente significato e possibilità di intervento a ciò che appare insensato e dovuto al caso.

Con un gioco di parole, allora, il complottismo restituisce al Potere quel potere che l’imprevisto mina. Perché dopotutto il complotto riporta ordine nel caos e per questo è più tollerabile dell’ignoto. 

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