Quando si diceva che la pandemia da Covid-19 ci ha cambiati, forse si peccava di un eccesso di entusiasmo o di sconforto, a seconda dei casi. Tuttavia, una delle cose che la pandemia ha cambiato davvero è l’ampliamento degli strumenti di accesso all’intervento psicologico.
Quella che veniva chiamata tele-terapia, oggi terapia online, in realtà esiste da ben prima della pandemia. Quest’ultima, però, ha accelerato il passaggio dall’intervento psicoterapeutico e psicologico esclusivamente in presenza a quello digitale, basti pensare alle varie piattaforme digitali per la consulenza psicologica che sono nate e cresciute in questi ultimi anni.
Ma cosa comporta questo passaggio? Voglio qui proporre tre punti di forza della terapia/consulenza online, seguiti da tre punti che, più che rappresentare una debolezza, sono elementi su cui interrogarsi.
I vantaggi della terapia online
Il primo vantaggio riguarda la facilità di accesso all’intervento psicologico. Sia le piattaforme online, sia i professionisti che offrono un servizio privato di terapia/consulenza online, offrono prezzi molto più competitivi e accessibili per i clienti. Questo è dovuto principalmente all’abbattimento dei costi per il professionista, che può svolgere il proprio lavoro da casa, senza dover disporre di uno studio per accogliere i pazienti e dunque pagare un affitto. In un mercato digitale in espansione, la possibilità di offrire servizi psicologici a prezzi accessibili per i clienti è un grande punto di forza, permettendo di beneficiare di interventi per il benessere psicologico anche a chi prima non poteva permetterselo.
Il secondo vantaggio riguarda l’ampliamento delle possibilità di ricerca. Se un tempo trovare uno psicologo era un’attività non semplice, il più delle volte delegata al passaparola (qualche amico psicologo suggeriva colleghi da contattare), e dunque ristretta a pochi nominativi fra cui identificare quello idoneo, non solo in termini di competenza, ma anche di vicinanza ai propri luoghi di riferimento (casa o lavoro), oggi le possibilità di ricerca, grazie a internet, sono potenzialmente infinite. Certamente un grande punto di forza, che rende la scelta più ponderata e meno vincolata a “ciò che si ha a disposizione”. L’online, infatti, non vincola più al territorio, dal momento che è possibile fare terapia/consulenza anche con professionisti che si trovano in altre città.
Il terzo vantaggio è la comodità. È possibile fare terapia/consulenza psicologica direttamente da casa, basta avere un pc e una buona connessione. Questo elemento è probabilmente quello che ha un peso maggiore nella scelta di iniziare un percorso psicologico. Non è più necessario impiegare tempo e risorse per gli spostamenti al fine di raggiungere lo studio del clinico e anche la definizione degli orari è più in linea con gli impegni lavorativi e familiari dei clienti. La terapia dura soltanto i 45/60 minuti del servizio e non ulteriore tempo per raggiungere lo psicologo.
Gli “svantaggi” della terapia online
Il primo punto riguarda l’alterazione del setting psicologico ed è strettamente legato all’ultimo dei tre vantaggi di cui abbiamo parlato. Se la terapia online è comoda perché non prevede spostamento fisico verso lo studio del clinico, d’altra parte l’annullamento della presenza fisica comporta degli aspetti problematici. Per lungo tempo, psicologi e psicoterapeuti hanno evidenziato questo limite, descrivendolo però in termini non sempre chiari. Rivendicando l’importanza di avere di fronte “spirito e corpo” il proprio cliente, hanno fatto riferimento principalmente agli aspetti non verbali, che “inevitabilmente” si perdono online. Questo non è del tutto vero. Anche online è possibile accedere al comportamento non verbale del cliente: se la prossemica è alterata, il tono della voce, la gestualità e le espressioni facciali sono visibili e dunque diventano parte dell’intervento. Piuttosto, i clinici parlano di qualcosa che è inconscio, cioè quell’insieme di sensazioni non immediatamente coscienti che caratterizzano la relazione, anche corporea, fra terapeuta e cliente, che il medium digitale certamente altera.
Il vero elemento problematico riguarda, invece, un altro fattore. Negli incontri in presenza, il cliente investe tempo ed energie di spostamento per raggiungere lo studio del clinico, che sono parte integrante del setting terapeutico: una persona che prende un mezzo (che sia un’automobile, un mezzo pubblico o semplicemente le proprie gambe), utilizza tempo per raggiungere lo studio. In tal senso, percepirà in modo differente la fatica che comporta “andare dallo psicologo”, consapevole dell’impegno necessario per incontrare un’altra persona con cui iniziare o continuare un rapporto professionale. Quel tempo di spostamento è de facto tempo terapeutico: è spesso utilizzato dai clienti per pensare a cosa dire in seduta, oppure a riflettere su cosa è emerso nella stessa. Tutti elementi che sulle piattaforme online svaniscono, favorendo la percezione di poter interrompere o distaccarsi dal percorso terapeutico con molta più facilità, a portata di click.
Il secondo punto lo definisco “narcisismo implicito”. Una caratteristica delle terapie online, su cui ancora si è riflettuto poco, è la doppia camera attiva. Tanto il terapeuta, quanto il cliente, non guardano solo la persona che hanno di fronte, come avverrebbe in un contesto classico, ma possono guardare contemporaneamente l’altro e sé stessi. Se questo elemento in una riunione di lavoro su Zoom non ha conseguenze rilevanti, in una psicoterapia o in una consulenza psicologica diventa caratteristica che potrebbe avere un peso. Il cliente (ma anche il clinico) potrebbe passare più tempo a guardare il proprio volto come Narciso nello specchio d’acqua, osservando le proprie espressioni facciali, il proprio abbigliamento, lo sfondo che risulta visibile dietro le proprie spalle. Tutti elementi che in presenza non sono controllabili e visibili e che online diventano facilmente accessibili. In che modo questa componente influenza la relazione terapeutica? È una domanda che mi sembra lecito porre.
Il terzo punto, infine, riguarda quello che definisco l’oscuramento del Sé. Durante la pandemia, una mia amica insegnante mi raccontò un episodio: durante una lezione in Didattica a Distanza, uno dei suoi studenti, rimproverato per qualche motivo, spense la webcam in modo provocatorio, impedendo all’insegnante di poter capire e “controllare” cosa stesse avvenendo. Lo spegnimento della webcam divenne allora uno strumento di comunicazione per lo studente: tu mi rimproveri? Io ti nego la mia presenza.
In terapia/consulenza online, questo elemento può verificarsi in momenti in cui un cliente abbia una qualche resistenza, oppure sia sopraffatto da emozioni intollerabili. Se in un contesto classico, il cliente dovrebbe alzarsi, dichiarare che non si sta sentendo a suo agio e, nei casi più estremi, abbandonare la stanza, ma davanti al clinico, online basta spegnere con un click la webcam e magari addurre motivazioni che eludono il sentimento di imbarazzo (“c’è stato un problema di connessione”; “è entrato mio figlio nella stanza”). Si può oscurare la propria immagine in modo rapido e privare la relazione di una delle componenti più importanti, la visione dell’altro.
Come avrete notato, lo spazio che ho dedicato ai presunti svantaggi è ben più ampio di quello dei vantaggi, per un semplice motivo. Mentre sui vantaggi della terapia online c’è ampio accordo, sugli aspetti problematici ancora pochi clinici, e ancor meno i clienti, si sono interrogati. Aspetti su cui appunto interrogarsi da ambo le parti, non motivi per cessare l’uso dell’online in ambito terapeutico. Spunti di riflessione per migliorare la relazione terapeutica o di consulenza psicologica in queste nuove forme che caratterizzano la contemporaneità.