a cura di Flavio Urbini - Comitato d’Area del Gruppo di Lavoro Psicologia del Lavoro
Una delle principali caratteristiche della vita umana è il suo carattere sociale. Ogni essere umano, indipendentemente dall’epoca e dalla parte del mondo in cui nasce, vive e muore fa parte di un gruppo e passa, nel corso della sua esistenza, da un gruppo all’altro. Il gruppo può essere identificato come un soggetto sociale organizzato e “vivente”, ed è un fenomeno complesso ad alta densità psicologica, sia sul piano dei processi cognitivi attivati, sia sul piano delle manifestazioni emotive. Uno dei più importanti gruppi di cui si fa parte nel corso della vita è quello lavorativo, che è cosa distinta e separata dal gruppo inteso come semplice insieme di individui. Il gruppo di lavoro, infatti, è una pluralità in integrazione, mentre il gruppo è una pluralità in interazione. L’integrazione sviluppa la collaborazione, espressione della partecipazione attiva di tutti i membri, caratterizzata da alcuni elementi come, ad esempio, la negoziazione continua di obiettivi, metodi, ruoli e la condivisione delle decisioni e degli esiti del lavoro. La differenza tra gruppo e gruppo di lavoro comporta che quest’ultimo, tenda (o dovrebbe auspicabilmente tendere nel tempo) a soddisfare una serie di requisiti: integrazione dei suoi legami psicologici; accettazione e armonizzazione delle uguaglianze e delle differenze; dinamiche relazionali che portano ad identificarsi come un membro di quel gruppo di lavoro.
A differenza dei gruppi informali, che si costituiscono in conformità a reciproche scelte da parte di ciascun membro (p.e. un gruppo di amici), i gruppi di lavoro si caratterizzano per essere sempre gruppi formali, avendo obiettivi esterni assegnati dall’organizzazione cui appartengono e per essere provvisti di mezzi per raggiungerli. Il lavoro di gruppo, dunque, è l’espressione dell’azione del gruppo di lavoro ed è caratterizzato da alcuni elementi: la presenza di obiettivi che possono essere interni o esterni al gruppo (forniti da altri); la numerosità (si parla di piccoli gruppi fino ad un massimo di 30 persone circa); la percezione del gruppo come unità a sé stante; la presenza di norme e ruoli.
Nella letteratura scientifica ci sono prove evidenti che il lavoro di gruppo può avere conseguenze positive per le organizzazioni, così come per i lavoratori che ne fanno parte (p.e. Aubè et al., 2011). Per questi ultimi, più nello specifico, lavorare in gruppo può contribuire sia a migliorare le performance, la creatività e la flessibilità, sia ad incrementare soddisfazione e qualità della vita lavorativa (p.e. West et al., 1998). L’evidenza di prestazioni qualitativamente migliori nelle organizzazioni che si avvalgono del lavoro di gruppo, trova il suo fondamento in un consolidato filone di ricerche in diversi ambiti organizzativi come, ad esempio, quello sanitario.
In letteratura sono stati proposti numerosi modelli per studiare e valutare il lavoro di gruppo; diversi modelli valutano dimensioni differenti, a seconda se l’attenzione è per esempio sulle performance, sulla soddisfazione dei membri del gruppo o su più dimensioni contemporaneamente. Tra questi, il modello Input-Process-Output (IPO) è il più utilizzato per valutare le performance nel lavoro di gruppo, in quanto identifica con precisione le cause che impediscono ad un gruppo di svolgere efficacemente il proprio lavoro, ed offre la possibilità di monitorare le prestazioni del gruppo nel tempo. Secondo questo modello, il fattore «Input» influisce sul fattore «Process» che a sua volta determina il fattore «Output». Tutti i fattori sono costituiti da diverse componenti. Tra quelle del fattore «Process», la riflessività influisce in modo diretto sui risultati del gruppo di lavoro (West, 1996). La riflessività può essere definita come la misura in cui i membri del gruppo riflettono insieme sugli obiettivi, le strategie e i processi lavorativi. Le ricerche suggeriscono che la riflessività del gruppo di lavoro – quindi la riflessione consapevole sul funzionamento del gruppo – è un processo importante nell’aumentare la capacità di innovazione del gruppo, lo sviluppo e l’implementazione di processi e procedure lavorative più efficaci (p.e. Widmer et al., 2009). La riflessività, quindi, implica per i membri del gruppo fare valutazioni, porsi domande, discutere e adattarsi. Pertanto, è qualcosa di più di una semplice riflessione su ciò che è già avvenuto. Da un punto di vista pratico, ad esempio, i membri di un gruppo di lavoro che “riflette” discutono regolarmente sull’efficacia del lavoro svolto e si domandano se gli obiettivi sono stati modificati alla luce dei cambiamenti avvenuti. Un gruppo di lavoro con un alto livello di riflessività, sviluppa una particolare forma mentis collettiva e si contraddistingue per un’alta attenzione ai dettagli, per l’analisi di possibili problemi, per la formulazione di critiche costruttive e per la pianificazione del lavoro a breve e a lungo termine. Alcune ricerche hanno mostrato che la riflessività riveste un ruolo importante nelle performance dei gruppi di lavoro, specialmente in ambito sanitario (West e Lyubovnikova, 2013; Urbini et al., 2018).
La performance è un risultato visibile e oggettivo del lavoro di gruppo e un aspetto strategico che le organizzazioni tendono continuamente a migliorare. Per questo motivo, poiché alcuni aspetti delle performance di un gruppo di lavoro sono influenzate anche dalla riflessività, nelle organizzazioni si dovrebbero prevedere specifici programmi di formazione per diffonderne l’utilizzo. In un contesto lavorativo come quello attuale, la riflessività può essere necessaria e utile, soprattutto quando le richieste lavorative sono complesse. In questo senso, la riflessività rappresenta un modo innovativo in cui i gruppi di lavoro possono apprendere a lavorare in modo più intelligente.
C’è un consenso sempre maggiore nel considerare il gruppo (di lavoro) piuttosto che l’individuo come la componente essenziale alla base delle organizzazioni. I gruppi di lavoro, infatti, dovrebbero essere intesi come luoghi privilegiati di interazione costruttiva tra le persone, perché il lavoro diventi un aspetto che contribuisca a dare un senso alla propria vita.
Bibliografia
- Aubè, C., Rousseau, V., & Tremblay, S. (2011). Team size and quality of group experience: the more the merrier? Group Dynamics: Theory, Research, and Practice, 15, 357–375.
- Urbini, F., Callea, A., Chirumbolo, A., Talamo, A., Ingusci, E., & Ciavolino, E. (2018). Team performance in the Italian NHS: the role of reflexivity. Journal of Health Organization and Management, 32, 190–205.
- West, M. A. (1996). Reflexivity and Work Group Effectiveness: A Conceptual Integration. In M.A. West (Ed.), Handbook of Work Group Psychology, (pp. 555–79). London, UK: John Wiley & Sons Ltd.
- West, M. A. (2012). Effective Teamwork: Practical Lessons from Organizational Research. Oxford, UK: Blackwell.
- West, M. A., Borrill, C. S., & Unsworth, K. L. (1998). Team effectiveness in organizations. In C. L. Cooper & I. T. Robertson (Eds.), International Review of Industrial and Organizational Psychology, (pp. 1–48). New York, NY: John Wiley & Sons Ltd.
- West, M. A., Tjosvold, D., & Smith, K. G. (2003). International handbook of organizational teamworkand cooperative working. Chichester, UK: John Wiley & Sons Ltd.
- West, M. A. & Lyubovnikova, J. (2013). Illusions of team working in health care. Journal of Health Organization and Management, 27, 134–42.
- Widmer, P. S., Schippers, M. C., & West, M. A. (2009). Recent developments in reflexivity research: A review. Psychology of Everyday Activity, 2, 2–11.
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