Cinema

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Il rapporto fra Cinema e Psicologia è molto stretto. Festival Psicologia ha allora pensato di inaugurare il nuovo podcast Profondità di Campo, che permetterà di coniugare la riflessione psicologica e la passione per la settima arte.

Quando avevo 10 anni vidi di nascosto Shining. Il film di Kubrick, tratto dal best-seller di Stephen King, non è proprio un film adatto ai bambini di quell’età.
Non a caso non riuscii più a dormire di notte per una settimana - con grande disperazione di mia madre, che l’indomani avrebbe dovuto andare a lavoro. Passavo la notte insonne, preda di terrori così intensi che da adulto avrei rivissuto soltanto in sogno. Attendevo come una liberazione le 6 del mattino davanti alla tv. Il segnale che tutto fosse finito era la trasmissione sulla RAI di vecchie partite del Milan di Sacchi: a quel punto la notte era svanita e potevo finalmente rilassarmi un po’.
Shining ha terrorizzato schiere di generazioni. Tuttavia, l’aspetto che mi incuriosisce di più a distanza di anni, è ricordare quale scena mi sconvolse più di tutte.
Non furono le pareti che grondavano sangue, lo sguardo psicopatico di Jack Nicholson, l’uccisione di questo o quel personaggio, le urla o le gemelle che il piccolo Danny vede in uno dei corridoi dell’Overlook Hotel.
In un momento di angoscia totale, Wendy, la moglie del protagonista, brandendo un coltello da cucina, fugge tra le scale e le varie stanze dell’Hotel, con la musica di sottofondo, sapientemente selezionata da Kubrick, che sottolinea in modo ossessivo la condizione mentale vissuta dalla donna.
Ad un certo punto, in lontananza si vede una porta aperta. Un uomo che indossa un costume è inginocchiato ai piedi del letto. Non si vedono né il volto, né cosa ci sia sul letto.
Lentamente l’uomo si solleva e accanto a lui lo fa anche un altro uomo, più vecchio, vestito in frac. La cinepresa fa uno scatto improvviso ed ora i due uomini sono in primo piano: il primo è vestito da cane, il secondo ha un volto impassibile. Wendy li osserva per qualche secondo, poi indietreggia urlando, incapace di staccare gli occhi da loro.

Qui potete vedere la scena di cui sto parlando
Vi suggerisco di leggere alcuni commenti. In molti si preoccupano di spiegare la scena: l’uomo vestito da cane era intento a praticare una fellatio all’uomo più anziano. Tanti altri avvisano che non c’è nulla di particolarmente misterioso nella sequenza: basta leggere il libro per sapere che i due personaggi sono ampiamente descritti da Stephen King come vecchi frequentatori dell’Hotel, come tanti altri ne appaiono nel film. Tutto assume un’aura straniante semplicemente perché Kubrick non ha voluto spiegare chi sono.  

Questo approccio razionale al film non aiuta però a capire cosa sta realmente facendo Kubrick con la macchina da presa. La letteratura ha la necessità di spiegare gli avvenimenti, il cinema può invece rappresentarli in forme molto diverse fra loro.
La forma scelta da Kubrick è quella dell’esperienza onirica, inconscia. Quella scena è disturbante, anzi, per dirla con Freud, è perturbante. Hai bisogno di tempo per lasciare che si sedimenti dentro di te, per dargli un senso e capire in che modo ti ha evocato angoscia (o magari, perché no, una risata liberatoria).
Lo strano senso di attrazione e repulsione che vivi quando assisti a quelle immagini bizzarre è perfettamente incarnato dai movimenti e dal volto trasfigurato di Wendy: indietreggia per scappare, ma non riesce a distogliere lo sguardo. E’ allo stesso tempo terrorizzata, ma attratta magneticamente (noi diremmo inconsciamente) da quei due personaggi. Qualcosa che supera la comprensione razionale la spinge ad entrare in quella stanza con gli occhi, mentre il corpo va dall’altra parte.
Se siete tra quelle persone che pensano che fino ad oggi tutto ciò che avete fatto e deciso nella vostra vita sia frutto della razionalità, abbandonate questo podcast, perché potrebbe disorientarvi.
Per capire chi siamo veramente dobbiamo comprendere cosa desideriamo. Ma se questi desideri sono inconsci, come facciamo a contattarli?
Ecco, per me il cinema è come un sogno, come uno specchio, che ci restituisce un’immagine, un duplicato di noi stessi con il quale possiamo identificarci
”.

Queste sono le parole di presentazione del nuovo podcast Profondità di Campo inaugurato da Festival Psicologia, tenuto da Sergio Stagnitta, psicologo, psicoterapeuta e fondatore del sito Cinema e Psicologia, che - attraverso l’analisi psicologica di diverse opere cinematografiche - ha l’obiettivo ambizioso di svelare i desideri più profondi dell’animo umano.
Proprio il desiderio sarà al centro del suo percorso nel Cinema. Un desiderio che non sarà però sempre lampante, come Shining insegna. Una forza d’attrazione che talvolta può essere anche angosciante, ma che certamente, attraverso l’opera cinematografica e la sua interpretazione, potrà divenire catartica.

Vi diamo allora qualche accenno alla prima puntata del podcast: si parlerà di segreti, di aspetti intimi, con una domanda fondamentale: quanto sia giusto condividerli con il proprio partner, quali sono i maggiori rischi, ma anche i benefici di aprirsi all’altro così profondamente?

Farà da guida in questa puntata proprio Stanley Kubrick attraverso il suo ultimo capolavoro: "Eyes Wide Shut". Film del 1999, liberamente tratto dal libro “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler – contemporaneo e conterraneo di Sigmund Freud.

Per seguire il podcast puoi utilizzare anche questo link. Buon ascolto!

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