I Monologhi della vagina è un organismo in movimento ancora più che un testo.
Dalla sua prima bozza, composta dall’autrice Eve Ensler nel 1996, i Monologhi hanno attraversato aggiustamenti, traduzioni, riduzioni e ampliamenti. Si sono calati nelle realtà locali dove sono stati letti e recitati, si sono fatti contaminare dalle necessità sociali e politiche dei territori che lo hanno ospitato. Le voci delle donne che lo hanno incarnato lo hanno colorato, facendolo proprio. Chi lo ha ascoltato, nel tempo, ha offerto al testo, attraverso la testimonianza della sua reazione, materiale per arricchirlo.
L’argomento di questo testo vivo è la vagina. A partire dalla sillabazione del termine (così scomoda all’inizio per la stessa autrice) fino alla rivendicazione dei diritti delle donne e alla denuncia contro la violenza.
Il testo nasce da interviste che l’autrice ha condotto con oltre duecento donne. Ne nascono racconti ironici, irriverenti, dolenti, poetici.
Si parla dell’esperienza della prima mestruazione (Avevo dodici anni, mia madre mi ha schiaffeggiato), degli strumenti di tortura che opprimono la vagina, dagli assorbenti al freddo speculum del ginecologo (La mia vagina arrabbiata), delle violenze subite durante la guerra (La mia vagina era il mio villaggio). Si parla di sesso con gli uomini e di sesso tra donne. Si parla di madri e di nascite. Un grande racconto corale e snodato che è stato recitato in tutto il mondo, dalla scena off di Broadway ai più grandi teatri di tutto il mondo, da attrici hollywoodiane a sconosciute. Nel tempo, i Monologhi hanno fondato e legato il loro destino al V-Day, movimento di attivismo femminista in cui si perseguono obiettivi relativi alla difesa delle donne e al contrasto alla violenza.
In una delle sue versioni recenti, l’autrice dice: “Ne ho abbastanza dello stupro. Ne ho abbastanza dello stupro alla luce del giorno. Ne ho abbastanza della cultura dello stupro, della mentalità da stupro. Ne ho abbastanza delle pagine di stupro su Facebook. Ne ho abbastanza delle migliaia di persone che hanno firmato su quelle pagine con i loro veri nomi senza vergognarsi. Ne ho abbastanza della gente che reclama il diritto alle pagine di stupro e la chiama libertà d’espressione o la giustifica perché «è ironica». Ne ho abbastanza di sentirmi dire che non ho il senso dell’umorismo e che le donne non hanno il senso dell’umorismo, quando la maggior parte delle donne che conosco cazzo se mi fa ridere.”
I Monologhi della vagina è un organismo. Vivo, che continua a raccontare e a interrogare le coscienze.