Siamo sicuri che viaggiare ci cambia?

Il viaggio è una delle metafore di vita che viene più intuitivamente associata al cambiamento.

Viaggiare ha in sé la scintilla per esplorare modalità inedite di risposta alle cose, nella misura in cui la quota della relazione con l’ambiente che definisce e struttura i nostri comportamenti, i nostri pensieri, le nostre attitudini, nel viaggio cambia.

Sappiamo che l’abitudine che scandisce le nostre giornate contribuisce alla definizione di un perimetro identitario, che - anche se ha il vantaggio di farci risparmiare il tempo della ridefinizione delle cose grazie all’automatismo appreso - finisce per lasciare parti potenziali del sé costantemente in ombra.

Certo non è scontato consentire all’esperienza del viaggiare una simile qualità: possiamo infatti percepire il viaggio solo nell’accezione di vacanza, cioè assenza di impegni, spazio da dedicare al relax, tempo per disconnettersi dalle urgenze quotidiane e non pensare. Questo è il topos della vacanza “crociera di lusso”, come ha ben raccontato Foster Wallace nel suo libro Una cosa divertente che non farò mai più: l’all-inclusive in questo caso ci dispensa da ogni sforzo, ci seduce con il principio della soddisfazione immediata del desiderio, come in una nuova immacolata infanzia. L’unico spunto identitario in questo caso è connesso con la foga di scattare fotografie, dispositivo che ci consente di costruire una narrazione ideale di come vorremmo percepirci e soprattutto farci percepire, dal momento che le fotografie scattate in vacanza sono sempre più architettate in vista della pubblicazione sui social.

Tuttavia sta sempre più prendendo piede la concezione di viaggio come esperienza radicale di conoscenza: i cammini a piedi, le slow ways, i viaggi in cui la meta non è tanto arrivare in un posto dove sostare, quanto l’occasione di sperimentare immersivamente, durante il percorso, un modo nuovo di stare in contatto con le cose e, di riflesso, con noi stessi.

Niente di nuovo, si direbbe, l’on the road è stato spina dorsale della beat generation. Sì, certo, e si trattava infatti di un’esperienza rivoluzionaria, una trasgressione rispetto al sistema. Ora quell’esperienza è proposta in una modalità, potremmo dire, più sintonica rispetto al collettivo, forse - soprattutto - meno espressamente politica. Questa sintonizzazione con esigenze collettive espresse ne preserva comunque il senso o sta segnalando un altro volto di una moda? Ormai ogni sito che parla di viaggi propone vacanze “lontano dalla folla”: si va dalle spiagge meno instagrammate d’Italia ai percorsi enogastronomici nei piccoli borghi. Non è anche questo un modo per non lasciare spazio all’insolito? Un altro modo per impacchettare un’esperienza di esplorazione in cornici già conosciute e comode? Di subire una prescrizione?

Il vivere il viaggio come esperienza autenticamente trasformativa necessita di un alleggerimento preventivo: non tanto un equipaggiamento minimale, ma soprattutto uno sguardo disposto a smantellare sovrastrutture egoiche, pregiudizi, abitudini di pensiero e comportamento. Significa rendersi disponibili a incontrare ciò che non conosciamo, a vivere l’inatteso densamente e in maniera tridimensionale, a essere psicologicamente permeabili a farsi trasformare dall’esperienza. Così il viaggio diventa un’occasione straordinaria per incontrarsi in un modo nuovo.

Ne abbiamo parlato con:

Federica Mazzeo
Psicoterapeuta junghiana, consulente di progetti per il benessere psicologico, autrice. Per l’Ordine degli Psicologi del Lazio è redattrice del sito e delle pagine social Festival Psicologia, per i quali pubblica articoli, interviste e video che hanno come focus le risorse della psicologia per i cittadini. Madrina dietro le quinte di tutti i Festival della Psicologia fin qui ideati, dall'edizione del 2020 è uscita allo scoperto come chair.

Bernardo Paoli
Psicologo e psicoterapeuta, ha ideato la Terapia Breve delle Esperienze di Equilibrio e il metodo ScritturaStrategica®. E' docente di Psicologia della Creatività alla Scuola Holden e di Terapia Breve in Scuole di Specializzazione in Psicoterapia. E' autore di Comunicazione efficace, Come parla un terapeuta, Parlare da Dio, Il piccolo paranoico, e de La sottile arte di incasinarsi la vita uscito recentemente per Mondadori. Da settembre 2019 ha deciso di svolgere l’attività di consulenza esclusivamente a distanza per poter girare il mondo con lo studio in uno zaino.

Claudio Morici
Ha pubblicato 5 romanzi e messo in scena spettacoli teatrali che hanno girato nel circuito off italiano. Pochi giorni prima del lockdown ha disputato la finale di Italia’s Got Talent, con un pezzo comico in cui recensiva l’elenco telefonico di Roma. Da aprile i suoi video sono stati ospiti fissi di Propaganda Live.
La sua pagina è facebook.com/claudio.morici/.